La genesi del mito asburgico

Claudio Magris (Trieste, 10 aprile 1939) è uno scrittore, germanista, e senatore italiano durante la XII legislatura. Ha insegnato letteratura tedesca prima presso l’Università di Torino, poi presso quella di Trieste.
Nel suo testo, “Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna”, Magris tratteggia in maniera piuttosto approfondita la nascita del mito asburgico e ne definisce la funzione politica. La genesi di questo mito deve essere ricercata nella consapevolezza di un declino, di una reale debolezza, sancita da una data, quella del 1806, in cui Francesco II imperatore del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica diventava Francesco I imperatore d’Austria. Ed è proprio dalla rinuncia di Francesco al titolo di imperatore del Sacro Romano Impero, causata dalla disfatta militare di Austerlitz del 1805 e dalla creazione della monarchia mitteleuropea (termine che si riferisce alla Mitteleuropa, denominazione entrata nel linguaggio politico-economico europeo verso la metà del sec. 19° per indicare la parte centrale dell’Europa, costituita in prevalenza da paesi di stirpe tedesca, con limiti geografici che vanno dai mari del Nord e Baltico fino all’Adriatico e al Bacino danubiano), che nasce l’esigenza di creare un mito in grado di dare coesione al nuovo organismo statale.

In questo modo sorge l’ideale dell’impero sovranazionale, dei popoli legati al vincolo dinastico, quasi paterno, verso il sovrano; popoli, dunque, cioè razze e gruppi etnici e non individualità nazionali: questo linguaggio rivela la mancanza dell’idea dinastica d’un centro d’aggregazione politica. Nasce in quella occasione il mito della monarchia popolare, intesa come legame paternalistico e sentimentale tra sovrano e popolo. Ed è allora che sorge, come dice l’autore, un ideale propriamente asburgico: quello burocratico, come forza costitutiva del mondo austriaco.

In quell’ideale non c’è alcuna volontà propriamente illuministica di riformare lo Stato, ma l’esigenza di un’ordinata giustizia nella quale si colloca un immobilismo timoroso di ogni riforma che potrebbe creare inquinanti dinamiche. Accanto all’ideale democratico bisogna ravvisare, come altro elemento caratterizzante da società austro-ungarica, le aspirazioni edonistiche (edonismo: concezione filosofica secondo cui il piacere è il bene sommo dell’uomo e il suo conseguimento il fine esclusivo della vita) largamente diffuse, all’interno delle quali la gioia si mescola alla malinconia, quasi fossero una rivalsa per la mancanza di responsabilità e di partecipazione politica. In tal modo, conclude l’autore, il mito asburgico nasce come condensazione di debolezze strutturali, e si afferma progressivamente in assenza di una concreta dinamica sociale e civile.

Qui di seguito una delle citazioni più famose di Claudio Magris:
“La vita – diceva Pistorius, il nostro maestro di grammatica, accompagnando con gesti rotondi e pacati le citazioni latine in quella stanza tappezzata di un rosso che la sera s’incupiva e si spegneva, brace dell’infanzia che ardeva nel buio – non è una proposizione o un’asserzione, ma un’interiezione, un’interpunzione, una congiunzione, tutt’al più un avverbio”.

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