La fine dell’Impero napoleonico

Quali furono i passaggi chiave che portarono alla caduta dell’Impero napoleonico?

Napoleone, attraverso un bollettino del 12 dicembre 1812, addossò la colpa della catastrofe quale fu la campagna di Russia ai rigori eccezionali dell’inverno ed alla barbarie della nazione russa: non si dava per vinto ancora, in quanto contava sulla fedeltà degli alleati. Questa, invece, venne meno.

Già nei primi mesi del 1813, la Prussia entrò in trattative con lo zar; nel marzo, capovolgendo il fronte, il re Federico Guglielmo III dichiarò guerra alla Francia. La risposta alla sua chiamata alle armi fu entusiastica e straordinaria; anzi, nel fervore patriottico, il popolo prussiano andò molto più avanti del re: emergeva la nuova Prussia di von Hardenberg, del barone von Stein, di Fichte.
Altrettanto grave per Napoleone fu, in quello stesso marzo 1813, il passaggio nel campo avversario del re di Svezia. Poi l’imperatore fu abbandonato dall’Olanda e dalla Danimarca, e per ultima si dissolse la Confederazione del Reno. La Germania intera si sollevò contro i Francesi. Inghilterra, Russia e Prussia formarono il nucleo di una nuova coalizione e quando a questa, nell’agosto 1813, aderì anche l’Austria, un cerchio mortale si chiuse intorno a Napoleone.

Nella grande battaglia di Lipsia (ottobre 1813 – fu lo scontro più grande, in termini di forze impegnate e di perdite subite dalle due parti, verificatosi durante le guerre napoleoniche e una delle sconfitte decisive subite da Napoleone Bonaparte. Determinò la disfatta francese nella campagna di Germania, costrinse l’imperatore ad una difficile ritirata fino in Francia e provocò il crollo definitivo del sistema di alleanze organizzato da Napoleone in Europa) Napoleone fu sconfitto sul campo: si era trovato contro i popoli d’Europa, quelle nazioni che la grande Rivoluzione aveva evocato. In Francia i segni del crollo imminente si facevano sempre più manifesti. Nel 1813 su un milione di richiamati alle armi si contarono 250.000 disertori. Napoleone dovette allontanare dal governo i collaboratori sino allora più fidati, i quali ormai trattavano apertamente con il nemico.

I comandi russi e prussiani erano risoluti a marciare su Parigi e, nonostante la resistenza offerta da Napoleone che difese palmo a palmo il territorio in quella che è conosciuta come la ‘Campagna di Francia’, il 31 marzo 1814 lo zar Alessandro e il re di Prussia cavalcarono lungo gli Champs-Elysées alla testa delle truppe vittoriose. Era la prima volta, dopo la guerra dei Cento Anni, che un esercito straniero entrava nella capitale francese. Napoleone intendeva ancora combattere, ma i suoi marescialli gli imposero l’abdicazione: il 6 aprile firmò l’atto che avallava la restaurazione della monarchia nella persona del fratello minore di Luigi XVI, che assunse il titolo di Luigi XVIII.

I governi alleati accordarono all’imperatore sconfitto una rendita annua di due milioni di franchi ed il regno dell’isola d’Elba. All’imperatrice venne riconosciuto in proprietà sovrana il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Il 3 maggio 1814 Luigi XVIII faceva il suo ingresso a Parigi. Si era impegnato a pacificare il paese e a regnare come monarca costituzionale; il 14 giugno di quello stesso anno concesse al popolo francese una Carta.

Con la fine dell’Impero napoleonico vennero meno gli Stati satelliti d’Italia, ad eccezione del regno di Napoli che rimase a Murat, passato nel campo avversario con la speranza di conservare la corona.

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