La conquista di Rodi

L’esercito italiano sbarca sull’isola di Rodi. Inizia l’annessione delle isole del Dodecaneso italiano.

La conquista di Rodi fu, nella storia militare italiana, una delle operazioni più riuscite. Come scrisse nelle sue memorie il generale Giovanni Battista Ameglio (Palermo, 29 ottobre 1854 – Roma, 29 dicembre 1921), nel quadro delle operazioni della Guerra Italo-Turca del 1911-12, “l’occupazione italiana delle Isole Sporadi meridionali (il Dodecaneso) rappresentò – nella storia militare d’Italia – la prima importante (e riuscita) operazione combinata fra truppe di terra e di mare”.

L’ottenimento del Dodecaneso, le rilevanti implicazioni di carattere politico e diplomatico (vedi l’ostilità dell’Austria-Ungheria e la diffidenza dell’Inghilterra e della Francia nei confronti di un’espansione italiana nell’Egeo) e le non irrilevanti difficoltà tecniche e logistiche che caratterizzarono questa complessa e per molti versi delicata operazione militare, confermarono in effetti il raggiungimento di un’intesa e di uno standard di cooperazione tra le forze della Marina e dell’Esercito di cui non ci si era potuti avvalere nel corso delle precedenti avventure belliche italiane.

La campagna del Dodecaneso fu la logica estensione del conflitto scatenatosi tra Italia e Turchia in seguito all’occupazione da parte dei nostri contingenti militari della Libia, ultima regione dell’Africa Settentrionale ancora soggetta alla sovranità della Sacra Porta. In seguito allo sbarco in Libia e alle inaspettate difficoltà incontrate dal nostro Corpo di Spedizione nel conquistare i punti chiave della Tripolitania e della Cirenaica (la reazione delle tribù libiche, armate e fiancheggiate da un folto numero di consiglieri militari turchi, rese molto complesso il consolidamento e la penetrazione delle colonne all’interno del territorio), il Comando Supremo Italiano decise di effettuare, contando sul supporto della Marina Militare, una serie di operazioni contro le forze ottomane lungo le coste del Libano, nel Mar Rosso e nell’Egeo settentrionale, centrale e meridionale.

Ma se le operazioni italiane nel Mar Rosso e lungo la costa libanese suscitarono soltanto l’insofferenza da parte dei governi di Londra e Parigi, quelle contro i Dardanelli e le isole turche dell’Egeo rischiarono di compromettere seriamente i rapporti con l’Austria, deteriorando anche quelli con molte altre nazioni che temevano una chiusura da parte dei turchi degli Stretti: iniziativa che la Sacra Porta mise poi in pratica.

Il 24 aprile 1912 l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel insistette presso il ministero della Marina circa l’urgenza di un’occupazione non soltanto di Rodi, ma anche delle isole di Stampalia e di Lemno. Revel riteneva che l’Italia avrebbe dovuto spostare con determinazione il baricentro delle sue forze nell’Egeo per effettuare una più efficace pressione militare e diplomatica sul governo di Costantinopoli, già scosso dal bombardamento e dall’attacco ai forti degli Stretti effettuato il 19 aprile alle navi di linea Benedetto Brin, Saint Bon, Emanuele Filiberto, Regina Margherita e dagli incrociatori Ferruccio, Amalfi e Pisa e da quello, tentato il giorno precedente, dalle torpediniere Climene, Pegaso, Perseo e Procione, scortate dall’incrociatore Pisani e Coatit e dai caccia Nembo e Turbine.

Il 28 aprile unità italiane effettuarono un rapido sbarco a Stampalia, non riscontrando da parte turca alcuna resistenza. Il primo passo fu così compiuto. Accolti tutti i suggerimenti dell’ammiraglio Revel, a esclusione di quello concernente la conquista di Lemno (operazione che avrebbe suscitato violente e pericolose reazioni internazionali), il Comando Supremo italiano diede il suo definitivo assenso alla presa di Rodi e delle Sporadi meridionali. Secondo le informazioni in possesso degli italiani, la guarnigione turca dell’isola risultava composta da 5000 effettivi, di cui 3000 regolari, con a disposizione almeno dieci pezzi d’artiglieria di medio-grosso calibro. Ma, come in seguito fu possibile constatare, le difese di Rodi non superavano i 1300 uomini, con una disponibilità di appena tre o quattro vecchi cannoni.

All’alba del 4 maggio 1912, la squadra guidata da Amero giunse del tutto indisturbata davanti a Kalitea. Prima di procedere allo sbarco del grosso delle truppe, l’ammiraglio, d’intesa con il generale Ameglio, inviò a terra un gruppo di marinai armati tratti dagli equipaggi della Regina Margherita, della Filiberto e della Saint Bon, i cui numerosi pezzi di medio e grosso calibro tenevano sotto tiro l’intera linea di costa e le alture ad essa sovrastanti. Una volta sulla spiaggia, il manipolo effettuò un’accurata ricognizione dell’area e, dopo un paio di ore, non avendo riscontrato la presenza di alcun reparto nemico, segnalò alla nave ammiraglia il via libera.

Tra il 6 e il 20 maggio, la Squadra italiana dell’Egeo completò l’occupazione di quasi tutte le isole minori del gruppo delle Sporadi. La successiva occupazione di Rodi costò alle forze italiane di mare e di terra perdite decisamente contenute. Il 57° reggimento fanteria lasciò sul campo 2 uomini ed ebbe 5 feriti, mentre il 4° reggimento perse un ufficiale e 5 bersaglieri ed ebbe un totale di 28 feriti. Da parte turca, i combattimenti sull’isola provocarono la morte di 23 tra ufficiali e soldati e il ferimento di altri 48 uomini. Gli italiani catturarono 33 ufficiali e 950 soldati, oltre a 6 pezzi d’artiglieria, 750 fucili, munizioni, quadrupedi e carriaggi.

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