La conquista della Tripolitania e della Cirenaica

La guerra italo-turca: la conquista della Tripolitania e della Cirenaica.

L’allora ministro degli Esteri italiano, Antonino Paternò, interpretò la tardiva risposta ottomana all’ultimatum consegnato il 28 settembre 1911 come un inutile tentativo di guadagnare tempo e di rinviare l’inevitabile. La guerra ormai era alle porte. Lo spazio per la diplomazia non esisteva più. L’obiettivo dell’Italia era quello di occupare militarmente la Tripolitania e la Cirenaica (territori dell’odierna Libia). Così, il 29 settembre iniziò il conflitto italo-turco. La nostra penisola, forte di ambizioni coloniali da perseguire a tutti i costi, agognava da tempo l’acquisizione dei possedimenti d’Oltremare, i quali le avrebbero consentito di entrare legittimamente a far parte del consesso delle grandi potenze del Vecchio Continente. La ricca borghesia esigeva nuovi mercati all’interno dei quali poter riversare una produzione industriale in rapida crescita, mentre le masse contadine erano attirare dal miraggio di un suolo ricco e fertile da poter sfruttare.

Giolitti riteneva l’intervento in Libia una vera e propria lotta contro il tempo per impedire, dopo l’occupazione francese del Marocco, che il Mediterraneo diventasse un condominio anglo-francese. Per l’occasione era stato mobilitato un Corpo d’armata Speciale, affidato al generale Carlo Caneva, il quale poteva contare su 34mila uomini (due divisioni di fanteria), contro cui le forze turche di stanza in Libia, circa 4mila uomini, non avrebbero potuto molto. Lo sbarco delle truppe coloniali in Tripolitania e Cirenaica avvenne infine tra il 4 e il 5 ottobre del 1911, sotto la protezione di azioni navali e dei cannoni della Regia Marina. Il porto di Tobruch, in virtù della sua posizione strategica in prossimità dell’Egitto, fu il primo ad essere occupato. A breve distanza di tempo cadde Tripoli, capitale amministrativa della regione.

La resistenza nemica, in questa prima fase, fu praticamente nulla, anche se il colonnello Neşet Bey incominciò segretamente ad arruolare milizie irregolari non lontano dalla città. Lo Stato maggiore italiano non sospettava nulla, e questo fu un primo errore di valutazione, come anche il ritenere che gli Ottomani, poco amati in Libia, non avrebbero potuto contare sull’appoggio della popolazione. In virtù di questa convinzione, gli Italiani non fecero quasi nulla per guadagnare le simpatie dei capi delle tribù locali, una negligenza che sarebbe stata pagata a caro prezzo. Proprio a Tripoli fu evidente che la guerra non sarebbe affatto stata una passeggiata. Verso la fine di ottobre, un contingente di circa 10mila uomini, composto da Turchi e Mehalla, circondò il perimetro della città, dando vita ad una serie di attacchi facilmente respinti dai nostri soldati. Ma si trattava di un diversivo. Gli ufficiali turchi avevano infatti concentrato i loro sforzi logistici nel versante orientale della città, a poca distanza dal mare, dove il tessuto urbano e la vegetazione impedivano una difesa efficace. Dopo una lotta estenuante, solamente l’intervento delle truppe di rincalzo permise di ricacciare il nemico.

Le truppe italiane incontrarono sistematicamente difficoltà ad avanzare nell’entroterra a causa dell’asprezza del territorio, del doppio gioco dei locali e delle efficaci azioni di guerriglia attuate dalle truppe turche, le quali si avvalevano dell’appoggio di contingenti irregolari di Arabi. Suddivise in piccoli gruppi, le unità turco-arabe attaccavano dalle loro basi con rapide incursioni per poi ritirarsi velocemente, mettendo in crisi i comandi italiani. Le azioni di guerriglia finirono col provocare forti perdite da ambo le parti. Questo stato di guerra permanente provocò un incessante dispendio di risorse materiali e umane. Il governo italiano fu costretto ad allargare il conflitto per indebolire la resistenza della Sublime Porta direttamente sul suo territorio, aprendo un secondo fronte di guerra nel Mare Egeo. Un contingente militare di fanteria sbarcò così a Rodi, occupandola, il 4 maggio del 1912. Le isole limitrofe si arresero nei giorni successivi. Contemporaneamente, l’attività della flotta italiana pose in atto un pesante blocco navale finalizzato a mettere in crisi il sistema di rifornimenti del nemico.

Minacciati dalla Regia Marina, i rifornimenti via mare, ovviamente necessari, non sarebbero mai potuti arrivare a destinazione. L’Impero Ottomano, dunque, il 18 ottobre del 1912 fu costretto ad accettare le condizioni di resa, firmando il trattato di pace a Ouchy. L’Italia aveva conquistato la Tripolitania e la Cirenaica.

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