La Carboneria nel Mezzogiorno d’Italia

La Carboneria è stata una società segreta rivoluzionaria italiana, nata nell’allora Regno di Napoli durante i primi anni dell’Ottocento sulla base di valori intrisi di patriottismo e liberalismo. Il nome “Carboneria” deriva dal fatto che i settari dell’organizzazione avevano tratto il loro simbolismo ed i loro rituali dal mestiere dei carbonai, coloro che preparavano il carbone e lo vendevano al minuto. L’organizzazione, di tipo gerarchico, era molto rigida e aperta soltanto agli uomini: i nuclei locali, detti “baracche”, erano inseriti in agglomerati più grandi, detti “vendite”, che a loro volta dipendevano dalle “vendite madri” e dalle “alte vendite”. Anche le sedi avevano naturalmente dei nomi in codice: ad esempio, una di quelle oggi più note è Villa Saffi, presso Forlì, indicata coll’esoterico nome di Vendita dell’Amaranto.

Tramontata la speranza che il re Ferdinando (restaurato dal Congresso di Vienna, con la conseguente unificazione delle due monarchie nel Regno delle Due Sicilie, fu sovrano di tale regno dal 1816 al 1825 con il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie) potesse aprirsi al costituzionalismo, la Carboneria del Mezzogiorno d’Italia si orientò verso un radicale programma di lotta. “La crisi economica, i contraccolpi della legge accentratrice, il diffuso timore delle sette reazionarie, l’esigenza di difendere le conquiste del Decennio francese furono le spinte che, a partire dal 1817, facilitarono la rapida e inarrestabile diffusione della Carboneria in tutte le province del regno” (estratto del testo scritto da L. Minichini, “Luglio 1820: cronaca di una rivoluzione”).

Per quanto riguarda la composizione sociale della setta, si evince la prevalenza della borghesia fondiaria, la quale ricopriva per lo più alte cariche dirigenziali all’interno del gruppo. Non mancavano, peraltro, tra gli affiliati, sacerdoti, militari, studenti e neppure contadini e domestici; notevole era dunque la partecipazione popolare. In Puglia operavano anche alcune frange violente che alternavano esercitazioni a fuoco con espropri e rapine: in esse alcuni storici hanno ravvisato la comparsa della prima avanguardia proletaria della storia del nostro Paese. Si rileva in tal modo l’esistenza di un mondo eterogeneo e contraddittorio, che si riconobbe nella Carboneria e trovò in essa un certo coordinamento e un’ideologia. Lo spirito democratico fece sentire la propria influenza nell’ambito della setta, ma gli ideale della repubblica e dell’uguaglianza sociale balenarono solo nei vertici supremi.

Il proselitismo della setta tra gli strati borghesi e popolari fu affidato non solo alla diffusione teorica del programma, ma anche alla suggestione dei riti che venivano officiati nel chiuso dei ritrovi. Il simbolo più alto era il dramma del Calvario, la passione, morte e resurrezione di Cristo, che era poi il momento centrale del mistero carbonico. La salvezza, l’espiazione per il settario non era tuttavia nella rigenerazione morale e nel perfezionamento individuale promessi dal Cristianesimo, bensì nel cambiamento politico. Cristo diventava il sollevatore dei popoli, un vero e proprio eroe rivoluzionario.

Nonostante le sue innumerevoli contraddizioni e le sue ambiguità, dall’esperienza della Carboneria viene fuori una importante lezione di democrazia: essa adempie nella società meridionale quella funzione liberatoria che più tardi in Italia sarà esercitata dalla predicazione mazziniana.

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