La Camera dei Fasci e delle Corporazioni

19 Gennaio 1938: il Parlamento viene sciolto e sostituito dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Questo fu un organo legislativo del Regno d’Italia che prese il posto della Camera dei deputati dal 1939 al 1943, nella XXX legislatura. Era formata dai componenti del Consiglio nazionale del Partito Nazionale Fascista e del Consiglio Nazionale delle Corporazioni.

I consiglieri nazionali, nominati con decreto del duce, godevano delle prerogative già stabilite per i deputati dallo Statuto del regno; a essi spettava un’indennità annua stabilita per legge. La Camera fascista ebbe un nuovo regolamento approvato per legge, che mantenne il sistema di lavoro articolato attraverso l’opera delle commissioni legislative permanenti. Dopo il crollo del fascismo, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni fu sciolta (1943).

La legge del 19 gennaio 1939, n. 129, all’articolo 1 disponeva che “la Camera dei deputati è soppressa” e all’articolo 21 prescriveva che “sono abrogate le norme contrarie a quelle contenute nella presente legge o con esse incompatibili”. La cesura era netta nello stesso organo istituito, un’assemblea a designazione indiretta e priva di legittimazione popolare.

I membri della Camera dei fasci e delle corporazioni, non più denominati deputati ma consiglieri nazionali, non erano eletti, ma ne facevano parte di diritto in quanto componenti del Gran consiglio del fascismo; del Consiglio Nazionale del Partito Nazionale Fascista, organo composto dai massimi gerarchi del partito e dai dirigenti delle associazioni collegate; del Consiglio nazionale delle corporazioni, organo presieduto dal capo del governo e composto da oltre cinquecento membri in rappresentanza delle organizzazioni sindacali fasciste e soprattutto imprenditoriali, dei ministeri economici e sociali, del Partito Nazionale Fascista e delle grandi opere nazionali.

Il presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, così come anche i vicepresidenti, venivano nominati con decreto reale. Il primo presidente fu Costanzo Ciano (dal 23 marzo fino alla sua morte, avvenuta il 26 giugno 1939) al quale succedette Dino Grandi (dal 30 novembre 1939 fino al 4 agosto 1943). Sciolta la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, il governo affidò temporaneamente a Vittorio Emanuele Orlando le funzioni amministrative spettanti al suo presidente.

Il Regolamento dell’organo, predisposto dalla Commissione per il regolamento, presieduta dal Presidente Ciano e con Giacomo Acerbo relatore, si componeva di 71 articoli a fronte dei preesistenti 134; esso reintroduceva il sistema delle Commissioni competenti per materia, cui spettava un potere deliberante su disegni di legge che non dovessero essere discussi e votati in Assemblea.

Tra gli articoli di questo testo si segnalano quelli riguardanti le Commissioni: infatti, oltre a mantenere la Commissione per il regolamento (art. 25) e a prevedere la Commissione generale del bilancio (art. 26), vennero disciplinate in via regolamentare anche le Commissioni legislative della Camera, previste nell’articolo 12 della legge 19 gennaio 1939 n. 129 e all’articolo 6 dello stesso Regolamento, riguardo le quali l’art. 27 prescriveva che fossero 12, ciascuna delle quali composta da un numero di componenti variabile, non meno di venticinque e di non più di quaranta; spettava al Presidente della Camera la facoltà di stabilirne il numero e di nominare, tra questi, un Presidente, due vice-Presidenti e tre Segretari (art. 28). Era poi previsto che le sedute delle Commissioni non fossero pubbliche e che per la validità delle loro deliberazioni fosse necessaria la maggioranza dei componenti (art. 30).

Per quanto atteneva alle funzioni svolte da tali Commissioni, il Regolamento stabiliva (art. 29) che esse dovessero deliberare sui disegni di legge e sulle materie che il Presidente della Camera assegnava loro per competenza in relazione a determinate attività nazionali, mentre avrebbero dovuto riferire alla Camera nel caso in cui si fosse trattato di disegni di legge che dovessero essere discussi e votati in Assemblea plenaria.

Proprio a quest’ultimo organo, composto da tutti i Consiglieri nazionali e convocato dal Duce del Fascismo, Capo del Governo, il Regolamento affidava l’esercizio “dell’ordinaria funzione legislativa” (art.15); in particolare, l’Assemblea plenaria discuteva, sulla base del testo proposto dalla Commissione esaminatrice, i disegni di legge indicati nell’articolo 15 della legge 19 gennaio 1939 n. 129; la discussione riguardava il disegno di legge in generale e i singolo articoli (art. 45). Nelle riunioni dell’Assemblea plenaria della Camera era sempre presunta la presenza del numero legale, e solo al Presidente era affidato il compito di provvedere, ove lo ritenesse necessario, alla verifica dello stesso (art. 18).

Infine, per quanto riguarda le modalità di votazione, il Regolamento prescriveva che questa, sia in Assemblea che nelle Commissioni, dovesse avvenire sempre in modo palese (art. 56); in particolare, per l’Assemblea era previsto che, di norma, deliberasse con votazione per alzata di mano, ma era ammesso che il Presidente, in alcuni casi, potesse disporre anche la votazione per appello nominale (art. 57); il presidente della Camera poteva proporre, inoltre, che determinati disegni di legge fossero approvati per acclamazione.

La Camera dei Fasci e delle Corporazioni fu sciolta ma non soppressa subito dopo la caduta del regime fascista, attraverso il regio decreto legge 2 agosto 1943, n. 705, entrato in vigore il giorno 5 dello stesso mese, il quale stabiliva inoltre che entro quattro mesi dalla fine della guerra si sarebbero dovute svolgere le elezioni per la nuova Camera dei deputati. Tale decreto fu definitivamente ratificato solo con la legge 5 maggio 1949, n. 178, a Costituzione già approvata e in vigore, e pertanto senza alcuna efficacia. La legge istitutiva del 1939 (anch’essa ormai priva di efficacia a seguito dell’avvento della Repubblica) è stata formalmente abrogata il 16 dicembre 2009, con l’entrata in vigore di alcune disposizioni in materia di semplificazione normativa contenute nel decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9.

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