La Battaglia di Ðiện Biên Phủ

La battaglia di Ðiện Biên Phủ segnò la fine della guerra d’Indocina, combattuta fra il 23 novembre 1946 e il 12 luglio 1954 fra l’esercito coloniale francese e il movimento per l’indipendenza del Vietnam, meglio noto come Viet Minh, guidato dal leader comunista Ho Chi Minh (Hoang Tru, 19 maggio 1890 – Hanoi, 2 settembre 1969), rivoluzionario e politico vietnamita, tra l’altro primo ministro del Paese dal 1945 al 1955 e suo Presidente dal 1945 al 1969.

La Francia, nonostante l’importante impegno militare e il sostegno degli Stati Uniti, venne duramente sconfitta dall’esercito Viet Minh guidato dal generale Vo Nguyen Giap (An Xá, 25 agosto 1911 – Hanoi, 4 ottobre 2013), e dovette per cui rinunciare a mantenere il controllo dell’Indocina. Quest’ultima venne poi suddivisa in quattro nuovi stati indipendenti, sulla base degli accordi conclusi a Ginevra tra le grandi potenze nel 1954: Vietnam del Nord, Vietnam del Sud, Cambogia e Laos.

La Battaglia di Ðiện Biên Phủ, villaggio situato nel nord-ovest del Vietnam al confine con il Laos, fu combattuta tra il 13 marzo e il 7 maggio 1954 dai soldati del Corpo di spedizione francese in Estremo Oriente e dalle truppe della Lega per l’Indipendenza del Vietnam. Fu il più importante tra i combattimenti interni alla Guerra d’Indocina, anche perché l’ultimo e di definitiva risoluzione.

L’Indocina, occupata già dalla seconda metà dell’Ottocento, costituiva il principale bastione dell’Impero francese in Asia. Vennero installate dalla potenza europea delle forme di controllo diretto sul territorio, a quel tempo diviso in Laos, Cambogia e nelle tre regioni che compongono l’attuale Vietnam (Tonchino, Annam e Cocincina), senza però controbilanciare il tutto con delle politiche di assimilazione culturale.

Il movimento indipendentista (Fronte di liberazione del Vietnam) nacque durante la Seconda guerra mondiale, visto l’allentamento dei legami con la Francia al tempo occupata dai Tedeschi; questo proclamò la nascita della Repubblica democratica del Vietnam, orientata sul modello socialista, il 2 settembre 1945. Nel 1946 la Francia, dopo aver ristabilito un parziale controllo sul territorio anche grazie all’appoggio britannico, propose ai nazionalisti locali di formare una sorta di federazione di Stati indocinesi parzialmente indipendenti, con la Francia che avrebbe continuato a gestirne politica estera, difesa, politica economica. Netto fu il rifiuto del Viet Minh.

Si giunse dopo estenuanti trattative a un accordo, nel 1949, il quale prevedeva la formale concessione dell’indipendenza al Vietnam anche se, a ben guardare, le regioni centrali e meridionali rimasero sotto il controllo dei Francesi. Qui, i governi filo-francesi non riuscirono a ottenere consensi auspicati tra la popolazione. Intanto, nelle regioni del Vietnam del Nord Ho Chi Minh gettò le basi di un governo che nel 1950 venne riconosciuto dalla Cina comunista e dal blocco sovietico.

Il Viet Minh, ottenendo forniture militari e supporto strategico da Mosca e Pechino, estese progressivamente la sua influenza su territori cruciali situati nella regione. Apparve chiaro sin da subito che la Francia, nonostante l’appoggio economico degli Stati Uniti, non sarebbe stata in grado di far fronte a un’eventuale offensiva delle forze di Ho Chi Minh. Le voci di una possibile conferenza di pace (proposta dai sovietici) vennero accolte come un segnale: non c’era più margine di trattativa.

Nel novembre del 1953 i Francesi avevano deciso, per avvilire ogni pulsione indipendentista e per giocarsela al tavolo dei negoziati (già avviati) da una posizione di forza, di sferrare una grande offensiva proprio nella regione di Ðiện Biên Phủ, strategica dal punto di vista della posizione. Questa prese il nome in codice di “Operazione Castor”; furono paracadutati vicino Ðiện Biên Phủ ben tremila paracadutisti, che poi ricevettero l’appoggio di altri diecimila soldati composto da algerini, marocchini, nativi Thai nonché di legionari.

Ma i Viet Minh, in capo a pochi mesi, erano riusciti a concentrare le loro forze attorno al presidio dei francesi. A causa di numerosi dissidi nel comando francese, poi, vennero commessi una serie di errori che portarono alla famosa disfatta nella Battaglia di Ðiện Biên Phủ. Secondo la storiografia, l’errore capitale commesso dalla Francia fu questo: i Francesi, anziché “ripulire” le colline circostanti, scavarono trincee, costruirono bunker, casematte, fortificazioni di ogni genere, per garantirsi dei rifugi sicuri. Ma non avevano fatto bene i loro conti. L’abnegazione dei Viet Minh fu eccezionale: per settimane avevano trasportato a spalla tutta l’artiglieria pesante ricevuta dai cinesi sulle colline vicine, potendo così, nella notte del 13 marzo, dar vita a una tempesta di fuoco inaspettata che si abbatté “generosa” sull’avamposto francese.

L’artiglieria dei Viet Minh, posizionata perfettamente, era fuori portata; nei giorni successivi i Francesi si trovarono letteralmente assediati dai nemici, senza possibilità alcuna di replica. La genialità di Giap consistette nel portare gli armamenti attraverso i boschi circostanti, battezzati come impenetrabili dai comandi francesi. Malgrado l’eroismo di questi ultimi, in due mesi la situazione peggiorò, fino a quando giunsero anche i monsoni in aiuto degli assedianti. La fine la scrissero gli uomini della Legione Straniera, per la maggioranza parà, comandati dal colonnello Lalande, che rifiutarono di arrendersi e furono uccisi tutti durante una sortita.

Il 7 maggio 1954 il generale Christian De Castries, comandante della piazzaforte, fu costretto a chiedere la resa. Con lui furono fatti prigionieri circa 10000 uomini. I numerosi prigionieri furono costretti a una marcia forzata di 400 chilometri, la quale ne assottigliò le fila. Gli altri furono poi curati dalla Croce Rossa per poi essere avviati in campi di prigionia.

La notizia della caduta della piazzaforte convinse definitivamente la Francia dell’inevitabilità di un rapido e forzato ritiro dall’Indocina. Alla fine di luglio fu raggiunto un accordo in base al quale il Vietnam venne diviso in due zone separate dal 17° parallelo: il Nord sarebbe rimasto sotto il controllo della Repubblica democratica; al Sud sarebbe sorto un governo nazional-conservatore, posto sotto l’influenza occidentale. Gli accordi riconoscevano inoltre la piena sovranità e indipendenza del Laos e della Cambogia. Tuttavia, la precarietà della nuova sistemazione territoriale fu aggravata dal rifiuto statunitense di firmare il testo del trattato di Ginevra.

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