La Battaglia di Dogali

26 Gennaio 1887, Battaglia di Dogali: le truppe abissine sconfiggono quelle italiane.

Parte della Guerra d’Eritrea (che consistette in una serie di azioni militari finalizzate alla conquista da parte del Regno d’Italia del territorio corrispondente all’attuale Eritrea, nonché alla difesa dello stesso dagli attacchi del regno d’Etiopia e del Sudan mahdista), la battaglia di Dogali fu combattuta il 26 gennaio 1887 a Dogali, in Eritrea, tra le truppe del Regno d’Italia e le forze dell’Impero Etiope durante, la prima fase di espansione coloniale italiana.

Una colonna composta da all’incirca 5500 soldati italiani e da 50 “basci-buzuk” (soldati di colore), comandata dal tenente colonnello Tommaso De Cristoforis, aveva il compito di prestare soccorso al presidio italiano in Abissinia di Saati, assediato per diversi giorni dai nemici. Il 26 gennaio 1887, tuttavia, quella colonna passò tristemente alla storia per uno degli episodi più tragici dell’avventura coloniale italiana in Africa. L’azione ebbe luogo durante la prima fase di espansione italiana in Eritrea, dopo l’occupazione di Massaua, per allargare la zona d’insediamento, occupando i territori che, verso Ovest, portavano all’orlo dell’altopiano etiopico.

Dogali è il nome del villaggio di capanne dell’Eritrea situato a circa 18 km a Ovest di Massaua, nei pressi del quale vi è un monte chiamato “Poggio Dogali”, divenuto famoso per il combattimento che vi si svolse, appunto, nel 1887. La vicenda è da collegare all’attacco del 25 gennaio, quando il Negus, per contrastare l’occupazione italiana, ordinò al suo luogotenente, il Ras Alula (generale abissino e signore di Asmara), di far sgombrare gli Italiani da quelle zone. Il Ras Alula, portatosi a Ghinda, 60 km a Ovest di Massua, intimò al comandante delle forze italiane, Generale Carlo Genè, di sgomberare Uaà e Zula; ma questo rispose che era pronto a respingere ogni attacco e occupò anche Saati, dislocando a Moncullu una colonna di riserva (3 compagnie di fanteria, 2 mitragliere e 2 “buluc” di irregolari) agli ordini di De Cristoforis.

La mattina del 25 gennaio 1887, dunque, venne respinto un assalto provocato da all’incirca 25000 abissini guidati dal Ras Alula Engida contro il forte italiano di Saati dove, al comando del maggiore Boretti, non vi erano che 700 uomini (di cui 300 ascari) e 2 cannoni. Il presidio si difese eroicamente e, dopo circa quattro ore di lotta, riuscì a respingere il nemico, infliggendogli forti perdite. Da parte italiana si ebbero soli 5 morti (fra i quali il tenente Cuomo) e tre feriti. Boretti si rese però conto che non avrebbe potuto resistere a un altro attacco, visto che al forte scarseggiavano viveri e munizioni. Così chiese rifornimenti al forte di Moncullo.

L’indomani De Cristoforis mosse con la sua colonna da Moncullu a Saati per scortare gli approvvigionamenti al forte, ma presso l’altura di Dogali venne attaccato a sorpresa da circa cinquemila abissini armati all’europea. Gli Italiani, di fronte all’urto della massa abissina, ripiegarono a scaglioni, combattendo sul colle di Dogali. Circondati da ogni parte, resistettero per ore, combattendo prima con i fucili e poi, esaurite le munizioni, con le baionette, finché caddero tutti. Da parte italiana vi furono ben 433 morti, di cui 23 ufficiali, e un’ottantina di uomini feriti e abbandonati per morti dagli Abissini, salvati da una colonna italiana di soccorso, giunta il giorno successivo da Massaua. Gli Abissini, da parte loro, contarono circa 1000 uomini tra morti e feriti. Quella di Dogali fu la prima grande sconfitta per l’Italia in terra d’Africa.

Questo l’ordine di battaglia italiano:

Colonna De Cristoforis (Ten. Col. Tommaso De Cristoforis):
9ª Compagnia/41º Reggimento fanteria “Modena”;
11ª Compagnia/15º Reggimento fanteria “Savona”;
20ª Compagnia/41º Reggimento fanteria “Modena;
una compagnia di formazione;
un plotone/6º Reggimento fanteria “Aosta”;
un plotone/7º Reggimento fanteria “Cuneo”;
un plotone/48º Reggimento fanteria “Ferrara”;
un’orda di basci-buzuk;
una sezione/17º Reggimento artiglieria da fortezza.

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