La battaglia di Amba Aradam

10 Febbraio 1936, inizia la battaglia di Amba Aradam: le forze italiane di Badoglio ottengono una vittoria schiacciante contro gli Etiopi.

Parte della Guerra d’Etiopia, condotta dal Regno d’Italia contro l’Impero d’Etiopia a partire dal 3 ottobre 1935, la battaglia di Amba Aradam, detta anche dell’Endertà, dal nome della regione in cui si svolse, fu combattuta nel febbraio 1936 presso il monte Amba Aradam, altopiano montuoso situato a sud di Macallè, a circa 500 km a nord di Addis Abeba.

La Guerra d’Etiopia venne condotta per valorizzare al meglio le potenzialità espansionistiche dell’Italia, in quanto Mussolini non voleva in alcun modo esser da meno rispetto alle altre grandi potenze europee del periodo, le quali stavano portando avanti delle importanti imprese coloniali. Il conflitto prese il via, dunque, in ossequio al tentativo voluto dal Regime di ampliare l’influenza italiana in Africa, per guadagnarsi il famigerato “posto al sole”, quell’Impero cui Mussolini aspirava da tempo.

La politica coloniale dell’Italia prese slancio negli anni Venti del ‘900, trovando una sua coerente giustificazione nell’ideologia fascista. Subito dopo l’avvento di Mussolini, infatti, la presenza italiana in Libia fu consolidata. Fra il 1923 e il 1928 fu inoltre completata la conquista della Somalia, fino a quel momento limitata alla parte centrale del Paese. In Etiopia, invece, il fascismo non ritenne opportuno, almeno in una prima fase, dar vita a un intervento diretto. Anzi, nel 1928 Italia ed Etiopia arrivarono a stipulare una sorta di patto di amichevole. La decisione di intraprendere una campagna militare in Etiopia iniziò a maturare a partire dal 1930.

La battaglia di Amba Aradam si articolò in una serie di attacchi e contrattacchi da parte delle forze italiane, comandate dal maresciallo Pietro Badoglio (Grazzano Monferrato, 28 settembre 1871 – Grazzano Badoglio, 1º novembre 1956), contro le forze etiopi del ras Mulugeta Yeggazu, più volte governatore di varie province etiopiche e dignitario di Menelik II (Ancober, 17 agosto 1844 – Addis Abeba, 12 dicembre 1913; imperatore d’Etiopia dal 1889 al 1913).

Anche se le forze in gioco erano pressoché equivalenti dal punto di vista numerico, Badoglio disponeva comunque di un netto vantaggio negli armamenti sui nemici. L’esercito italiano poteva contare su circa 100mila soldati e 25mila Ascari (combattenti eritrei dell’Africa Orientale Italiana inquadrati nelle forze coloniali). Gli Italiani che attaccarono disponevano di oltre 5mila mitragliatrici, 280 pezzi d’artiglieria e 170 aeroplani. Gli Etiopi, invece, disponevano di 400 mitragliatrici, 18 cannoni di medio calibro fra moderni e di fattura antiquata, alcune mitragliatrici contraeree, ma nessun aeroplano. L’unico vantaggio etiope era la posizione strategica in cui le truppe si trovavano.

All’inizio del conflitto, il comando era stato affidato al generale Emilio De Bono (Cassano d’Adda, 19 marzo 1866 – Verona, 11 gennaio 1944), poi sostituito proprio da Badoglio, il quale aveva respinto l’offensiva tentata dal negus Hailé Selassié, a gennaio, dove riuscì a ottenere una vittoria difensiva e a infliggere al nemico gravi perdite grazie all’uso delle bombe all’iprite. L’esercito di Badoglio era composta da soldati regolari del Regio Esercito e da volontari delle camicie nere, mentre gli Ascari formavano la riserva.

Il 10 febbraio del 1936, dunque, Badoglio attaccò il ras Mulugeta Yeggazu, appostato sul monte Amba Aradam, usando le granate all’arsina (un gas infiammante e altamente tossico). Immediatamente iniziarono le operazioni di accerchiamento, le quali si conclusero la mattina del 15 febbraio, favorite in parte dalla nebbia. La battaglia infuriò, e si concluse con una netta vittoria del maresciallo Badoglio. Le forze abissine furono largamente sconfitte, e in parte si disgregarono durante la ritirata, anche perché attaccate dalla locale tribù di Azebu Galla, che si alleò con gli Italiani.

Le perdite italiane ammontarono, tra morti e feriti, a 36 ufficiali, 621 nazionali e 143 indigeni contro i circa 20mila di parte etiope. Badoglio concluse l’opera ordinando alla flotta aerea di sganciare bombe al gas sulle colonne etiopi in rotta, decretandone il definitivo annientamento.

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