Jomini: idee e strategie militari

Jomini scrisse: in tutte le operazioni militari c’è sempre qualche imperfezione o un punto debole, ma nel giudicare le operazioni stesse dobbiamo applicare i principi in maniera obiettiva e chiedere se una data operazione offra la migliore possibilità per la vittoria in quel preciso contesto. Riteneva -seguendo l’esempio offerto da Napoleone- lodevole l’indirizzare tutte le energie disponibili verso quello che deve esser considerato l’obiettivo: la vittoria. Nel ‘Traitè’ Jomini tenta di innalzarsi dai particolari della storia militare alla verità generale della guerra, esprimendo delle idee semplici ma innovative.

L’idea di ridurre il sistema delle guerre alle sue combinazioni fondamentali, da cui tutto il resto dipende e che fornirà la base di una semplice ed accurata teoria, fornisce numerosi vantaggi: renderà più semplice l’insegnamento, più chiaro il giudizio operativo e meno frequenti gli errori. Fondamentale rimane mantenere un’unica linea unificata di operazioni. Tutte le combinazioni strategiche sono erronee se non seguono il principio fondamentale di operare con la maggior quantità di truppe possibile in uno sforzo combinato sul punto decisivo (individuato anticipatamente). Decidere come attaccare -se frontalmente o di fianco- dipenderà dalla situazione specifica, ma l’attacco in sé rimane essenziale; l’iniziativa non deve esser mai lasciata al nemico. Il comandante non deve esitare e deve spingere le proprie truppe al maggior sforzo possibile.

Se battuto, il nemico deve essere inseguito senza tregua. Se la vittoria sfugge, il comandante deve rinnovare l’attacco usando i sani principi che fondano la guerra: ammassare truppe, attaccare, insistere nell’attacco. Da quel che possiamo percepire da quanto detto, Jomini disprezza aspramente le caute strategie imposte dalla guerra limitata.

Oltre al ‘Traité’ pubblicò numerosi saggi e pamphlet, in tre dei quali condensò le proprie idee sui principi della guerra così come da lui intesi. Ufficiale di stato maggiore di Ney e di Napoleone, quando lasciò a 34 anni l’esercito francese aveva raggiunto fama internazionale di storico e teorico della guerra moderna emergente, anche se il volume per cui diverrà famoso nella storia (Précis de l’art de la guerre) ancora doveva esser pubblicato. Dal 1813 sino alla sua morte (1869) Jomini, diventato generale russo (la mancata promozione, e la reticenza di Napoleone nel confidargli i movimenti delle truppe, lo spinsero a passare, nel 1813, al servizio dello zar Alessandro I di cui diventa il consigliere militare. Diventa precettore di Alessandro II e partecipa alla creazione della scuola di guerra russa), continuò a scrivere e a pubblicare, difendendo e affinando la sua teoria militare.

La più matura ed influente manifestazione delle sue idee (contenuta nel ‘Précis’) viene elaborata senza alterare i punti fondamentali già espressi nei primi lavori pubblicati. Per l’arte della guerra ci sono principi eterni, validi per Cesare come per Napoleone; Jomini aveva individuato il segreto di questi principi nella storia militare di Federico II, che aveva ottenuto la sua vittoria lanciando la massa del suo esercito contro un solo punto -quello ritenuto debole, presumibilmente- dell’esercito avversario. Questa era la tecnica di base che rappresentava l’essenza del segreto della strategia vincente, da cui ogni altri principio derivava. I critici come Claueswitz dubitavano della validità incontestabile di determinate teorie per la guerra.

Jomini fu grande ammiratore di Napoleone, in quanto quest’ultimo -considerato il più grande stratega- non manovrò mai le proprie forze per ottenere vantaggi limitati, ma riuscì a identificare quei punti che, se conquistati, avrebbero portato il nemico alla rovina. Tenendosi egli stesso informato di tutto, muovendo velocemente le proprie truppe per farle convergere sul punto decisivo ed inseguendo senza sosta l’avversario ormai battuto, Napoleone pose le basi per la sua fama mondiale. Anche per lui i principi di base non cambiarono mai. Quasi senza eccezione i fianchi e le linee di rifornimento del nemico avrebbero definito i punti decisivi per l’attacco.

Jomini, tuttavia, a dispetto della sua fama di cultore della materia militare ottenuto attraverso la propagazione delle sue idee, fu un uomo perennemente insoddisfatto, in quanto non gli venne mai affidato il comando effettivo delle truppe sul campo, ed il suo presuntuoso intellettualismo strideva sovente con taluni generali verso cui era chiamato a prestare servizio.

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