Il “Vom Kriege”: parte I.

Della guerra (in tedesco: Vom Kriege) è un’opera di Carl von Clausewitz, composta di otto libri. Pubblicato nel 1832, ancor oggi considerato uno dei più grandi trattati di strategia militare mai scritti, e tuttora adottato come libro di testo da numerose accademie militari.

Il testo si divide in 128 capitoli e sezioni, raggruppati in otto libri.
Il primo definisce le caratteristiche generali della guerra nell’universo sociale e politico, e identifica gli elementi sempre presenti in essa (ad esempio il pericolo, la fatica, etc).
Il secondo delimita le potenzialità e i limiti della teoria.
Il terzo tratta in maniera più approfondita e dettagliata gli elementi psicologici all’interno del fenomeno guerra.
Il quarto discute l’essenza dell’attività militare.
Il quinto analizza le forze combattenti nello specifico.
Il sesto si occupa della fase difensiva, il settimo di quella offensiva.
L’ottavo, il piano di guerra, riprende e approfondisce i temi più importanti trattati già nel primo libro, come ad esempio il rapporto tra la guerra assoluta e la guerra reale, il carattere politico della guerra, e molto altro.

Il materiale è stato ordinato secondo logica, in modo tale da dar vita ad una panoramica complessiva che analizzi la natura della guerra in generale.
Gli obiettivi di Clausewitz erano sostanzialmente due: penetrare, attraverso un’analisi logica, l’essenza della guerra assoluta e comprendere la guerra nelle varie forme in cui essa si esprime, in quanto fenomeno sociale e politico, nei suoi aspetti strategici, operativi e tattici.
Lungo l’intera opera corrono due rapporti dialettici fondamentali: il rapporto fra guerra teorica e guerra reale, e il rapporto fra i tre fattori che insieme compongono la guerra, ovvero la violenza, il gioco del caso e della probabilità, e la ragione. La guerra viene descritta come atto di forza all’impiego della quale non esistono limiti, un urto di due forze attive, che si distingue dalle altre attività umane per la violenza organizzata di massa. Nessuna delle due parti ha il controllo pieno delle proprie azioni, ed ogni contendente tenta di dettare le proprie all’altro e, di conseguenza, per cercare di eliminarsi a vicenda, i loro sforzi aumentano vertiginosamente.

La guerra assoluta viene descritta come caratterizzata da una violenza assoluta che finisce con la totale distruzione di una delle due parti contendenti. La guerra, tuttavia, è sempre influenzata da forze esterne, è condizionata dalle particolari caratteristiche degli stati in conflitto e dalle caratteristiche generali del tempo (elementi politici – tecnologici – economici – sociali), che inibiscono la scalata verso la violenza cieca e totale. La guerra non è mai un atto isolato, bensì il risultato di altre forze che la condizionano e che possono modificarne la violenza. Consiste quindi in una successione di atti violenti, interrotti da pause finalizzate alla pianificazione, concentrazione dello sforzo, accumulo dell’energia. Il carattere politico della guerra fa sì che la sconfitta del nemico non sia il fine ultimo, ma il mezzo per ottenere determinati traguardi politici; le forze armate, quindi, vengono considerate un mero strumento politico. Essendo la guerra la continuazione della politica con altri mezzi, non ci può essere nessuna valutazione puramente militare di un grande tema strategico; se lo scopo politico lo richiede, le forze armate devono accontentarsi della mobilitazione parziale delle risorse di realizzazioni limitate.

La guerra reale si compone invece di tre elementi:
1. La violenza e la passione (elementi che appartengono al popolo).
2. L’incertezza, il caso, la probabilità (elementi che appartengono al comandante e alle forze militari, riguarda il loro coraggio e il loro talento).
3. Lo scopo e l’effetto politico (elementi che appartengono al governo).
Pianificare e condurre una guerra richiede lo studio e l’impiego di tutti e tre gli elementi. La guerra è fatta di violenza, è frutto del caso, e la politica riveste un ruolo fondamentale.
Il termine attrito, in questo contesto, rimanda alle incertezze, agli errori, alle difficoltà tecniche, all’imprevisto, come anche agli effetti di tutto ciò sulle decisioni, sul morale, sulle azioni. L’attrito è sempre presente, e dominerebbe la guerra se non fosse bilanciato dall’impiego creativo di un’energia, intellettuale ed emotiva. L’intelletto e la determinazione possono prendere il sopravvento sull’attrito, sfruttare il caso e trasformare l’imprevedibile in un vantaggio. Nello specifico, le forze che combattono l’attrito sono: le capacità intellettuali e psicologiche di comandanti e sottoposti; il morale, lo spirito e la fiducia dell’esercito; la lealtà, l’energia, l’entusiasmo per la guerra da parte della società.

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