Il volo degli aerei spia U-2

Nikita Chruščёv, leader dell’Unione Sovietica durante il delicato contesto storico caratterizzato dalla Guerra Fredda, pretese le scuse ufficiali degli Stati Uniti per il caso dei voli degli aerei spia U-2. Il Lockheed U-2 fu il velivolo impiegato, un aereo statunitense da ricognizione ad alta quota equipaggiato con macchine video e fotocamere, fabbricato dalla Lockheed, una delle più importanti industrie aerospaziali statunitensi e mondiali.

1° maggio 1960, Unione Sovietica. Sopraggiunse come un fulmine a ciel sereno la notizia dell’abbattimento di un aereo spia americano mentre sorvolava il suolo russo: un U-2 Lockheed, pilotato da Gary Powers, ex capitano dell’Usaf (United States Air Force) arruolato dalla CIA, precipitò in Siberia nella zona di Sverdlosk (oggi Ekaterinenburg), colpito da un missile antiaereo.

Gli americani, che avevano visto scomparire improvvisamente dai loro radar il sofisticato ricognitore, percepirono subito la gravità di quanto accaduto. Poiché l’aereo volava ad un’altezza di all’incirca ventimila metri, era da ritenersi che il pilota non fosse sopravvissuto e che l’aereo stesso – con tutte le sue complesse e compromettenti apparecchiature – si fosse polverizzato nell’impatto. Alle accuse russe, ignorando che il pilota si era invece salvato, gli americani replicarono che si trattava di un velivolo destinato esclusivamente a rilevamenti meteorologici.

Quando perfino la Casa Bianca sostenne tale tesi, arrivò la replica di Chruščëv: «Compagni – disse nel corso di una seduta a Mosca – a proposito dell’aereo spia americano, mi sono dimenticato di riferirvi che il pilota sta bene e abbiamo recuperato parte dei pezzi». Fu questa una doccia gelata, che mise Eisenhower in seria difficoltà.

Nel clima di duro confronto dell’epoca, la vicenda pesò moltissimo. Per esempio fallì il vertice di Parigi sulla distensione, nonostante i buoni uffici interposti da Macmillan e de Gaulle per convincere Chruščëv ad avviare trattative interlocutorie con la controparte. Le richieste avanzate dal leader dell’Unione Sovietica per riprendere il dialogo furono ritenute inaccettabili, e si fece un accenno solo all’eventualità di sospendere i voli di ricognizione.

Chruščëv, con un gesto di plateale insoddisfazione, lasciò l’incontro prima della conclusione augurando apertamente di poter presto trattare con il ‘nuovo’ presidente degli Stati Uniti. In effetti, alle elezioni presidenziali di novembre risultò vincitore il senatore democratico John F. Kennedy.

Molto movimentata – sebbene comunque fortunata – fu la vicenda del pilota Gary Powers. Quando l’aereo iniziò a precipitare, sballottato nel ristretto abitacolo, con notevole sangue freddo riuscì a lanciarsi lo stesso, ma senza azionare il congegno di autodistruzione del velivolo, le cui apparecchiature furono ritrovate pressoché intatte dai sovietici. Recuperato in discrete condizioni fisiche fu incarcerato, processato per spionaggio e condannato a una decina di anni di prigionia. In carcere alla fine ne trascorse però meno di due, in quanto il 10 febbraio 1962 fu scambiato a Berlino con una spia russa che si trovava in mano agli americani. Lo scambio avvenne sul celebre ponte di Glienicke, a Berlino.

Precedente L'Operazione Paperclip Successivo Rapporto sulle Cinque giornate di Milano