Il Trattato di Roma: Fiume all’Italia

27 Gennaio 1924: Il Trattato di Roma assegna Fiume all’Italia.

Con tale trattato, l’Italia e il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni sancirono consensualmente la dissoluzione e suddivisione dello Stato libero di Fiume, accordandosi per l’annessione all’Italia del centro storico della città e di un sottile tratto di costa ad unirla al territorio geografico italiano, mentre l’entroterra e la parte orientale della costa con il sobborgo di Sussak andarono alla Jugoslavia.

Dal 1867, la città di Fiume era unita al Regno d’Ungheria. Tuttavia, alla Conferenza di pace di Parigi, volta a delineare una nuova situazione geopolitica in Europa e a stilare i trattati di pace con le Potenze Centrali uscite sconfitte dalla Grande Guerra, i plenipotenziari italiani Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino richiesero ufficialmente, oltre all’applicazione integrale del Patto di Londra, l’annessione all’Italia della città di Fiume, essendo i Fiumani prevalentemente di lingua e cultura italiana.

Tali rivendicazioni cozzarono con la ferma ostilità del presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, il quale avanzò la proposta di creare uno Stato libero di Fiume, ritenendo che la città istriana dovesse rivestire il ruolo di porto utile per tutta l’Europa balcanica, e che le rivendicazioni dell’Italia nei territori a Est del Mare Adriatico andassero contro i Quattordici Punti da lui stesso elaborati, i quali avevano il nobile, ma pretenzioso obiettivo di stabilire una pace duratura tra le nazioni.

La reazione dei nazionalisti ed ex-combattenti italiani fu incontenibile. Il 12 settembre 1919 una forza volontaria irregolare guidata da Gabriele D’Annunzio, composta da circa 2500 legionari, occupò la città in quella che sarebbe passata alla storia come l’Impresa di Fiume, rivendicandone l’annessione all’Italia. D’Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro, un vero e propio Stato indipendente, in attesa del congiungimento effettivo al Regno d’Italia.

Nel 1920 si insediò al governo Giovanni Giolitti, il quale nominò al Ministero degli Esteri Carlo Sforza, diplomatico di carriera, il quale aveva rivestito la carica di Ministro plenipotenziario presso il governo serbo tra il 1916 e il 1918 e, in tale veste, aveva stretto ottimi rapporti con i rappresentanti politici serbi. I rapporti tra l’Italia e il governo jugoslavo, pertanto, si avviarono verso la distensione.

Il 12 novembre 1920 fu firmato, tra i rappresentanti del governo italiano e quelli del governo jugoslavo, il cosiddetto Trattato di Rapallo, con il quale si definirono i confini fra i due stati. In prima istanza, questo accordo chiuse la spinosa Questione Adriatica. L’Italia rinunciò a quella parte del territorio dalmata che il Patto di Londra le aveva assegnato, ma ottenne che il suo confine orientale coincidesse con il crinale delle Alpi Giulie compreso il Monte Nevoso, includendo tutta l’Istria; ciò corrispose ai limiti di una sorta di confine naturale, ma implicò l’annessione di circa quattrocentomila slavi.

Quanto a Fiume, se ne dichiarò l’autonomia, ma al tempo stesso fu garantita la contiguità territoriale, preludio di una successiva annessione. Più in generale, il trattato di Rapallo chiuse le trattative diplomatiche per la soluzione dei problemi nati con la fine della guerra, e ristabilì formalmente la pace.

Nei giorni 27 novembre e 17 dicembre 1920, prima la camera, poi il senato, approvarono a larga maggioranza il trattato di Rapallo, che divenne così legge dello Stato. Lo Stato Libero di Fiume fu riconosciuto da tutti i principali Paesi, anche se esisterà de facto un anno, e de iure quattro anni. Il 24 aprile 1921 si svolsero le prime elezioni parlamentari, a seguito delle quali il capo del Movimento Autonomista Fiumano, Riccardo Zanella, divenne Presidente dello Stato Libero.

Il 3 marzo 1922 ci fu un colpo di Stato filo nazionalista italiano condotto dall’ex legionario e deputato fascista Francesco Giunta, il quale costrinse Zanella alle dimissioni e alla cessione dei poteri verso un Comitato di Difesa cittadino. Il 17 settembre 1923 assunse la carica di governatore militare il generale italiano Gaetano Giardino.

Mussolini, che aveva assunto nel frattempo anche la carica di Ministro degli Esteri, dette disposizioni a Salvatore Contarini, Segretario generale del ministero, di avviare dei negoziati con Belgrado per arrivare a una soluzione della Questione Fiumana favorevole al Regno d’Italia. Tali negoziati condussero infine alla sottoscrizione del Trattato di Roma, espressamente definito come “Patto di amicizia e di collaborazione cordiale” tra i due Paesi che, formalmente, giungevano a una suddivisione riconosciuta del territorio dello Stato Libero.

Alla Jugoslavia fu riconosciuta la sovranità sul delta del fiume Eneo, compreso il borgo di Porto Baross, e sull’estremo territorio settentrionale del distretto fiumano; all’Italia, la sovranità sul centro storico di Fiume e sulla striscia di territorio che garantiva la continuità territoriale della città con la madrepatria. La delineazione dei confini precisi fu rimessa a una commissione mista, le cui determinazioni furono ratificate con la Convenzione di Nettuno del 20 luglio 1925.

Fiume diventò così città e capoluogo di provincia italiano, almeno fino alla Seconda guerra mondiale.

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