Il Piano Marshall

3 aprile 1948 – Il presidente Truman firma il decreto che istituisce ufficialmente il Piano per la ripresa europea: il Piano Marshall

Il Piano Marshall ha rappresentato uno degli eventi più importanti rispetto alle politiche internazionali inaugurate dopo la Seconda guerra mondiale. Quali furono le motivazioni alla base della creazione di tale programma e l’impatto che questo ha avuto sull’Europa?

L’Europa del tempo era devastata dalle distruzioni e dalle sofferenze portate dalla guerra, con la produttività dei sistemi economici occidentali che rasentava lo zero. Gli Stati Uniti, d’altro canto, avevano conosciuto una veloce ed equilibrata crescita industriale nel periodo bellico, con le città americane che non erano state in alcun modo toccate dal conflitto. La situazione europea sembrava inevitabilmente avvantaggiare l’espansionismo del comunismo, specialmente in Francia e in Italia, in quanto la disperazione di cui erano preda le popolazioni facilitava la diffusione delle idee socialiste.

Durante la Conferenza di Postdam si avvertirono i primi segnali di tensione tra americani e russi. Il futuro assetto che avrebbe dovuto assumere la Germania divenne in quel momento specifico il punto cruciale dello scontro frontale verso cui si stavano avviando i due Paesi. Nel marzo del 1947, inoltre, gli Stati Uniti elaborarono la Dottrina Truman (che prese il nome dall’allora presidente degli Stati Uniti), finalizzata all’adozione di misure mirate al contenimento del comunismo e all’avvio di un programma di sostegno economico per l’Europa. Stalin, da un mero punto di vista politico, non aveva alcuna convenienza nel risollevare le sorti economiche dei paesi europei, e ogni fallimento della politica estera americana nel continente non faceva altro che rafforzare i partiti e i movimenti comunisti.

La svolta vera e propria si ebbe sempre nel 1947. Gli Stati Uniti decisero di affrontare il problema della ripresa economica europea con un diverso approccio: non più tramite accordi di aiuto bilaterali stipulati paese per paese, ma in un’ottica complessiva. Tentarono quindi di dar vita a un programma di ripresa globale che non poteva assolutamente prescindere dall’integrazione e dalla collaborazione stretta tra i mercati europei e specialmente dalla Germania, che rimaneva comunque la prima potenza industriale europea anche dopo le distruzioni portate dalla guerra. La Francia rappresentava il più grande ostacolo rispetto alla rinascita tedesca, e anche la Gran Bretagna non si dimostrò molto collaborativa sugli obiettivi che si erano preposti di raggiungere gli americani.

L’amministrazione Truman era tuttavia fermamente convinta della bontà di questo programma di ripresa economica, il cui successo sarebbe dipeso esclusivamente dall’integrazione delle risorse già presenti in Europa e dalla collaborazione tra gli stati continentali. Fu il segretario di Stato Marshall, il 5 giugno 1947, ad annunciare ad Harvard il ricorso a questo speciale programma di aiuti per favorire la rinascita europea. Il 22 giugno del 1947 il Presidente Truman istituì tre comitati atti ad analizzare la fattibilità della proposta. Questa venne poi presentata alla Conferenza di Parigi nel luglio del ’47 e accettata da 16 paesi. Tramite una scommessa calcolata, il Piano venne proposto anche a Stalin, che naturalmente non accettò.

Il Piano Marshall venne considerato funzionale al soddisfacimento degli interessi di lungo termine degli americani, rappresentando l’Europa il principale partner commerciale per gli Stati Uniti. La proposta divenne legge il 3 aprile del 1948. Il Piano Marshall venne amministrato da importanti imprenditori, i quali contribuirono a costruire il supporto dell’opinione pubblica e fornirono i mezzi tecnico-materiali per renderlo efficace. Nel suo discorso ad Harvard il generale Marshall era stato chiaro: era necessaria la stretta collaborazione tra gli Stati europei per la riuscita del progetto. In sostanza, l’iniziativa doveva venire dalla stessa Europa e le richieste essere concordate collegialmente.

Così, il 12 luglio 1947, i sedici paesi europei che accettarono di partecipare crearono il “Committe For European Economic Cooperation” (CEEC), istituto preposto alla redazione di una stima dei dollari e degli aiuti che sarebbero occorsi. Ciascuno Stato avrebbe dovuto indicare obiettivi specifici di produzione nazionale nel campo alimentare e delineare le iniziative per ricostruire le industrie di base; il tutto doveva essere accompagnato da adeguate motivazioni rispetto alle modalità che si intendevano intraprendere per raggiungere i traguardi preposti. Fondamentale era la ricerca di una drastica riduzione delle barriere commerciali e bisognava necessariamente colmare il deficit della bilancia dei pagamenti europea.

L’America si concentrò sulle materie di prima necessità, lasciando la World Bank responsabile dei prestiti di modernizzazione a lungo termine, pur mantenendo il veto sulla distribuzione dei suoi aiuti. Bisognava ricostruire le industrie europee esistenti, incrementare la produttività delle aree più in difficoltà, ridurre le barriere commerciali e costituire in ultimo un organo sovranazionale che riuscisse a rendere funzionale l’integrazione delle economie europee. Il modello di crescita proposto dagli americani era il loro, basato sull’aumento della produttività e sull’organizzazione scientifica del lavoro.

Il meccanismo di distribuzione dei fondi prevedeva il trasferimento diretto dei beni richiesti e la costante supervisione su qualsivoglia movimento. Vennero aperti uffici in ciascuno dei paesi che aderirono al Piano per negoziare la lista dei beni. I fondi americani avevano lo scopo di allargare la domanda e di aumentare il potere d’acquisto dei paesi destinatari, agevolando così le esportazioni americane. Traguardo ambizioso rimaneva quello di creare un’area di libero scambio, raggiungibile però nel lungo periodo.

Numerosi ostacoli si interposero al raggiungimento di tali intenti, come la ferma opposizione della Francia alla ripresa tedesca e la volontà di ciascuno Stato di non cedere eventualmente parte della propria sovranità economica ad un organismo sovranazionale. Altra questione era quella del rifiuto inglese di attuare modifiche all’Area della Sterlina. Gli Stati Uniti non potevano assistere un’Europa frazionata a tal punto; era necessario che i paesi continentali subordinassero le loro esigenze individuali per il raggiungimento di un beneficio collettivo. E, fortunatamente, ben presto ci si rese conto che le economie europee non sarebbero mai potute ripartire senza il supporto statunitense e si arrivò a dei compromessi.

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