Il massacro di Mỹ Lai, Vietnam

29 marzo 1971 – Il tenente William Calley viene condannato all’ergastolo dalla Corte Marziale per il massacro di Mỹ Lai.

Il massacro di Mỹ Lai venne compiuto durante la Guerra del Vietnam, quel conflitto armato combattuto a partire dal 1955 (data di costituzione del Fronte di Liberazione Nazionale filo-comunista) e conclusosi il 30 aprile 1975. La guerra vide contrapposte le forze insurrezionali filo-comuniste, sorte in opposizione al governo autoritario filo-statunitense costituito nel Vietnam del Sud, e le forze governative della cosiddetta Repubblica del Vietnam, creata dopo la conferenza di Ginevra del 1954.

Il 16 marzo 1968 nel villaggio di Mỹ Lai, Vietnam del Sud, la Compagnia Charlie del primo Battaglione, 20° Reggimento, 11a Brigata della 23ª (“Americal”) Divisione di fanteria dell’esercito americano, sotto il comando del tenente William Calley (Miami, 8 giugno 1943), massacrò alcune centinaia di civili vietnamiti disarmati. Ai soldati della Compagnia Charlie era stato detto dai superiori che il villaggio ospitava combattenti Viet Cong, e che quindi avrebbero dovuto raderlo al suolo a ogni costo. In realtà, quando i soldati arrivarono sul posto, non trovarono né Viet Cong né resistenza di alcun tipo.

Era un sabato mattina. Il contingente americano, composto da circa un centinaio di soldati, approdò per l’appunto in quel piccolo villaggio situato nella provincia di Quang Ngai, 840 km a Nord di Saigon. Dalle scarse informazioni militari ricevute, come detto, gli statunitensi credevano di trovare nascosti lì alcuni ribelli del Fronte Nazionale per la Liberazione del Sud Vietnam, i cosiddetti Viet Cong. Così almeno era stato riferito dal capitano Ernest Medina (Springer, 27 agosto 1936). I militari a stelle e strisce vennero accolti tuttavia solo da contadini inermi, vecchi, donne e bambini. Nonostante ciò i soldati americani, proprio su ordine del tenente William Calley, cominciarono a sparare all’impazzata sui civili disarmati. Buttarono bombe a mano nelle capanne. Violentarono le ragazzine in branco e poi le trucidarono con le baionette. Vecchi, donne e bambini furono raccolti in piccoli cerchi e falciati con le mitragliatrici.

La filosofia dell’allora ventiquattrenne tenente Calley era quella di dar seguito ad azioni “seek and destroy”. Fu proprio lui a spingere il plotone all’aggressione, uccidendo di persona decine di individui, spingendo a una fucilazione di massa che presto si trasformò in una sorta di delirio collettivo. Un suo soldato commentò così la vicenda: “Avevo una sensazione di potenza. Di distruzione… Nel Vietnam ti rendevi conto che potevi violentare una donna e nessuno poteva dirti niente”.

A fermare la mattanza fu il pilota di un elicottero dell’esercito statunitense in ricognizione, che atterrò durante il massacro in atto. Non esitò neppure un momento, e si frappose tra i soldati americani e i superstiti vietnamiti. Il sottufficiale Hugh Thompson Jr. (Atlanta, 15 aprile 1943 – Pineville, 6 gennaio 2006) affrontò eroicamente i capi delle truppe americane, e disse che avrebbe aperto il fuoco su di loro se non si fossero fermati. Poi diresse l’evacuazione del villaggio, mentre due membri del suo equipaggio, Lawrence Colburn e Glenn Andreotta, tenevano i soldati sotto tiro con le loro armi pesanti. Salvarono 11 vite, gli unici superstiti di quell’orrore. Trent’anni dopo i tre furono premiati con la “Soldiers Medal”, l’onorificenza più alta dell’esercito statunitense per atti di coraggio che non coinvolgono direttamente il nemico.

Il numero delle vittime non fu mai stabilito con certezza, anche perché i soldati, per nascondere l’eccidio compiuto, gettarono bombe a mano sui corpi e incendiarono le capanne. Furono forse 70, come sentenziò la Corte Marziale; 347 racconta la stima ufficiale statunitense; 504 secondo il piccolo museo memoriale vietnamita che sorge oggi in mezzo alla vegetazione. Nel rapporto militare il capitano Medina scrisse che erano stati uccisi 90 Viet Cong e nessun civile.

Ci vollero due anni per arrivare a un processo, grazie alla tenacia di un reporter freelance di nome Seymour Hersh. Fu lui a raccontare la storia di ciò che avvenne: lo scoop gli valse il Premio Pulitzer. Il massacro di Mỹ Lai divenne di pubblico dominio solo quando Hersh riuscì a scrivere un articolo per la Associated Press, all’interno del quale svelava nella sua interezza l’inchiesta del tribunale militare nei confronti del sottotenente Calley, mettendo peraltro in dubbio il numero reale di morti.

Il processo a William Calley per il massacro di Mỹ Lai divise in due l’America. Chi era a favore della guerra sosteneva che il tenente avesse solamente atteso al suo dovere di soldato, obbedendo agli ordini impartiti da suoi superiori. Chi era contro accusava Calley di esser un assassino della peggior specie. Provvidenziale fu la data in cui la giuria si ritirò per deliberare: era il 16 marzo 1971, giorno del terzo anniversario del massacro. Tre settimane più tardi Calley fu dichiarato colpevole dell’omicidio di almeno 16 civili. Fu condannato all’ergastolo e ai lavori forzati. In seguito, la pena gli venne commutata in arresti domiciliari e dopo appena tre anni e mezzo Richard Milhous Nixon (Yorba Linda, 9 gennaio 1913 – New York, 22 aprile 1994) gli concesse il perdono. Calley scontò dunque meno di due mesi per ognuna delle vittime per cui era stato riconosciuto colpevole e meno di quattro giorni per ciascun civile assassinato.

Quando gli uomini della Compagnia Charlie approdarono in Vietnam, ancora non sapevano minimamente a cosa sarebbero presto andati incontro; erano ragazzi americani qualsiasi, pescati nella lotteria della leva militare, preparati in fretta e furia in appena 16 settimane di corso. La guerriglia asimmetrica dei Viet Cong li spiazzò: per mesi videro i loro compagni saltare in aria nei campi minati e cadere sotto il fuoco nemico nella giungla. A ogni perdita gli animi si logoravano, mentre crescevano le pressioni dall’alto. Questo non giustifica, ma forse in parte spiega quella terribile escalation di rabbia e di violenze perpetrate, con la complicità talvolta di ordini vaghi dall’alto che lasciavano ampio spazio per improvvisazioni sul terreno. Calley e i suoi soldati cercavano vendetta per i compagni uccisi, sfogo per la loro esasperazione, e corpi da contare, per concludere la missione e tornare in fretta a casa.

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