Il caso “Amistad”: una sentenza storica

9 Marzo 1841 – Il caso “Amistad”, una sentenza storica…

La Corte Suprema degli Stati Uniti sentenzia nel caso “Amistad”, liberando gli africani che presero il controllo della nave nella quale erano stati ridotti in schiavitù illegalmente.

“La Amistad” fu una goletta costiera a due alberi battente bandiera spagnola, la quale operò nel XIX secolo. Divenne il simbolo dell’abolizione dello schiavismo in seguito a un ammutinamento messo in atto da schiavi africani nel luglio 1839.

Nella prima metà del XIX secolo, il trasporto illegale degli schiavi a bordo di navi negriere dall’Africa Occidentale all’Avana (Cuba, all’epoca colonia della Spagna) era una pratica abituale, sebbene fosse proibita da tempo. Durante il tragitto i prigionieri erano stivati incatenati in spazi molto ristretti, in stato di malnutrizione e di maltrattamento. Queste condizioni erano ancora più precarie su “La Amistad”, che non era nata come nave per il trasporto di schiavi, quanto per il commercio costiero.

Mentre, il 9 marzo del 1841, il giudice della Suprema Corte degli Stati Uniti Joseph Story stava per emettere il suo verdetto sul caso che aveva per l’appunto opposto gli USA contro “La Amistad”, la tensione interna al Paese crebbe vertiginosamente. Sin da quando la vicenda era stata portata all’attenzione delle Corte, aveva difatti creato una grossa spaccatura nel Paese. Nessun altro caso in materia legale, nella storia americana, ha mai mostrato quanto profonde e radicate fossero le discordanze esistenti a proposito del tema della schiavitù.

Due anni prima, la nave spagnola aveva lasciato il porto cubano dell’Avana per Puerto Principe con il suo carico di 53 africani, catturati in Sierra Leone e venduti come schiavi. Questi, a pochi giorni di distanza, avevano dato vita a una rivolta, uccidendo gran parte dell’equipaggio a bordo e costringendo il timoniere a tornare indietro per riportarli in Africa. Quest’ultimo riuscì comunque a proseguire verso New York, dove gli schiavi furono posti sotto la custodia federale. Gli spagnoli ne avevano chiesto la restituzione, e l’allora presidente Martin Van Buren (Kinderhook, 5 dicembre 1782 – Kinderhook, 24 luglio 1862) sembrava avere tutta l’intenzione di assecondarli.

Ma, osservò lapidaria la Corte, sia gli USA sia la Gran Bretagna avevano dichiarato fuori legge il commercio di schiavi lungo l’Atlantico. Così, non appena il giudice Story iniziò a pronunciare il suo discorso in aula, apparve chiaro di come la Suprema Corte si fosse schierata dalla parte degli schiavi. Gli avvocati della difesa erano certi: gli africani erano stati rapiti contro la legge e forzati contro ogni diritto a salire sulla nave. Dunque, avevano tutto il diritto di essere rimessi in libertà. La nuova sentenza, emessa nel gennaio 1840, accolse la tesi della difesa, conferì agli schiavi lo status di uomini liberi e rigettò la rivendicazione della Spagna di Isabella II, che ne chiedeva la restituzione come merce in base al Trattato di Pinckney del 1795.

La sentenza cozzava con la politica promossa dal presidente Martin Van Buren, tesa a mantenere buone relazioni con la Spagna e, sul piano interno, a non opporsi direttamente alla schiavitù, evitando uno scontro con gli Stati del Sud, favorevoli allo schiavismo, onde favorire una sua rielezione a presidente. Egli sostenne dunque la decisione dell’accusa di proporre appello alla sentenza, portando il caso dinanzi alla Corte Suprema il 23 febbraio 1841. In difesa degli schiavi si schierò l’ex presidente John Quincy Adams: il 24 febbraio, supportato da Baldwin, tenne la sua arringa, riuscendo a convincere la Corte a decretare il 9 marzo 1841 lo stato di libertà degli imputati.

Parte dell’opinione pubblica statunitense non accettò il verdetto, e nacque un forte movimento di dissenso. Visto che il governo degli Stati Uniti si era rifiutato di coprire le spese per il ritorno in Africa dei Mendi sopravvissuti, gli abolizionisti pagarono di tasca loro affinché gli africani potessero essere ospitati nel Connecticut, dove avrebbero ricevuto lezioni di inglese e l’insegnamento della Bibbia. Altri filantropi raccolsero il denaro necessario per il loro rimpatrio. Un anno dopo, dunque, gli ormai ex schiavi poterono finalmente rivedere la costa africana.

Il caso “Amistad” portò prevedibilmente la tensione alle stelle tra Nord e Sud del Paese, segnando un passo decisivo nella corsa alla guerra civile, e rappresentò una pietra miliare nel processo, aspro e lunghissimo, che avrebbe portato all’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d’America.

La Amistad, dopo essere stata ormeggiata nel molo Custom US House di New London, nel Connecticut, fu messa all’asta dallo United States Marshals Service nell’ottobre del 1840. Fu acquistata dal capitano George Hawford di Newport (Rhode Island), che la ribattezzò Ion. Alla fine del 1841 salpò per le Bermuda e per Saint Thomas con un carico di cipolle, mele, formaggio e polli. Nel 1844 Hawford vendette la nave a Guadalupa e nei Caraibi se ne persero le tracce.

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