Hitler: il Giuramento come Cancelliere Tedesco

30 Gennaio 1933: il Giuramento di Adolf Hitler come Cancelliere Tedesco.

La corsa al potere

Il punto di svolta delle fortune di Hitler nella sua corsa al potere giunse con la Grande Depressione, che colpì la Germania nel 1930. Il regime democratico costituito nel 1919, la Repubblica di Weimar, non era mai stato accettato dal fronte dei conservatori, e neanche dal potente Partito Comunista. I socialdemocratici e i partiti tradizionali si dimostrarono infatti assolutamente inadeguati nel riuscire a contenere lo shock economico. Nelle elezioni del 14 settembre 1930, il partito nazionalsocialista sorse improvvisamente dall’anonimato, e guadagnò oltre il 18% dei voti e 107 seggi nel Reichstag, diventando così la seconda forza politica in Germania.

Il successo di Hitler si fondò essenzialmente sulla conquista della classe media, colpita duramente dall’inflazione degli Anni Venti e dalla disoccupazione portata dalla crisi economica. Anche i contadini e i veterani di guerra supportarono apertamente i Nazisti, influenzati dai mistici richiami dell’ideologia Volk (popolo) al mito del sangue e della terra. La classe operaia urbana, invece, generalmente ignorava le oratorie di Hitler, con Berlino e le città della regione della Ruhr che si mostrarono particolarmente ostili. In queste città, il sostegno al Partito Comunista rimaneva ancora forte.

Le elezioni del 1930 furono un vero e proprio fallimento per il governo di centro-destra di Heinrich Brüning, il quale si vide privato della maggioranza al Reichstag, affidato alla tolleranza dei Socialdemocratici e costretto all’impiego dei poteri d’emergenza a disposizione del del Presidente della Repubblica per restare al governo. Con le misure austere introdotte per tentare di arginare la depressione, avare di successi, il governo era ansioso di evitare le elezioni presidenziali del 1932, e sperava di garantirsi l’accordo con i Nazisti per estendere il mandato di Hindenburg.

Ma Hitler si rifiutò, e anzi decise di correre proprio contro Hindenburg. Arrivò secondo nelle due tornate elettorali, superando il 35% dei voti nella seconda occasione, in aprile, nonostante i tentativi del ministro degli Interni, Wilhelm Groener, e del governo socialdemocratico della Prussia, di limitare le attività pubbliche dei Nazisti. Gli scontri tra gruppi armati nazisti e gruppi armati del Fronte Rosso furono difatti numerosi in quel periodo; tuttavia, nel Parlamento questi votarono congiuntamente le mozioni di sfiducia indirizzate ai governi centristi.

L’imbarazzo delle elezioni pose fine alla tolleranza di Hindenburg nei confronti di Brüning: il vecchio Maresciallo di Campo liquidò il governo in carica per nominarne uno guidato dal reazionario Franz von Papen, che immediatamente abrogò il bando sulle SA e indisse nuove elezioni per il Reichstag. Alle elezioni del luglio 1932 i Nazisti ottennero il loro migliore risultato, vincendo 230 seggi e diventando il partito di maggioranza relativa. In quel momento, i Nazisti e i Comunisti controllavano la maggioranza del Reichstag: la formazione di un governo di maggioranza stabile, devoto alla democrazia, divenne dunque impossibile. A seguito del voto di sfiducia sul governo von Papen il nuovo Reichstag si dissolse immediatamente, e furono perciò indette nuove elezioni per il novembre successivo.

Von Papen e il Partito di Centro (cattolico) aprirono dei negoziati per assicurarsi la partecipazione nazista al governo, ma Hitler pose delle condizioni dure, chiedendo per esempio il cancellierato e il consenso del Presidente che gli permettesse di utilizzare i poteri d’emergenza previsti dall’articolo 48 della Costituzione. Il tentativo fallito di entrare nel governo, unito agli sforzi nazisti di ottenere il supporto della classe operaia, alienarono alcuni dei precedenti sostenitori e, nelle elezioni del novembre 1932, i Nazisti persero dei voti, pur rimanendo il principale partito del Reichstag.

Poiché von Papen aveva chiaramente fallito nei suoi tentativi di garantirsi una maggioranza stabile attraverso la negoziazione, Hindenburg lo dimise e chiamò al suo posto il generale Kurt von Schleicher, il quale era stato per lungo tempo una forza dietro le quinte e successivamente ministro della Difesa. Questo promise di poter garantire un governo di maggioranza attraverso la negoziazione con i sindacalisti Socialdemocratici e con la fazione nazista dissidente, guidata da Gregor Strasser.

Quando Schleicher si imbarcò in questa difficile missione, von Papen e Alfred Hugenberg, segretario del Partito Popolare Nazionale Tedesco (DNVP), che prima dell’ascesa nazista era il principale partito di destra, cospirarono per persuadere Hindenburg a nominare Hitler come cancelliere in coalizione con il DNVP, promettendo che sarebbero stati in grado di controllarlo. Schleicher fu costretto ad ammettere il suo fallimento, e chiese ad Hindenburg un nuovo scioglimento del Reichstag. Hindenburg lo liquidò e decise di mettere in atto il piano di von Papen, nominando Hitler Cancelliere, lo stesso von Papen Vicecancelliere, e Hugenberg ministro dell’Economia.

Il 30 gennaio 1933 Hitler prestò giuramento come Cancelliere nella camera del Reichstag, sotto gli sguardi e gli applausi di migliaia di sostenitori del nazismo (“Machtübernahme”, o “Presa del potere”).

“Hitler si sente un predestinato. Ha una grande capacità di illudersi e una magnetica forza di illudere. Assorbe come una spugna ansie e desideri, paure e pregiudizi del tedesco medio, e si appropria dei simboli del suo tempo: revanscismo, bellicismo, società di massa, orgoglio nazionale, antisemitismo. Cavalca la crisi economica che ha fatto a pezzi il ceto medio, dà speranza all’uomo della strada: è figlio della Grande Depressione e della Germania della sua stagione, interprete perfetto di una generazione che si nutre di irrazionalismo e odia l’illuminismo e la democrazia.

Grande persuasore, demagogo irresistibile, splendido oratore, abile manipolatore di coscienze, incendiario dominatore di folle, unisce una pratica antica a una moderna: il rituale dell’adunata di massa e l’ideologia esaltata dal microfono. Converte le grandi piazze in cattedrali del nazismo, umilia la ragione e inietta nei tedeschi la percezione del destino. Ha il diavolo in corpo, è portatore di una lucida pazzia. Scatena l’eccitata emozione delle masse, combina una miscela omicida di nazionalismo esasperato e di cupo nichilismo. Il suo sinistro carisma, il potere di seduzione e la propaganda martellante diventano il punto di riferimento e di raccolta della disperazione di un popolo.

Hitler è un profeta del facile, un predicatore dell’ovvio. Impone il grezzo semplicismo di pochi slogan: la vita è lotta, il forte abbatte il debole, la morale è stupidità e decadenza. E il 30 gennaio 1933, spinto da alcuni ‘utili idioti’ e sottovalutato da chi non ne ha percepito la violenza dirompente, coglie il potere che gli offre la democrazia agonizzante di Weimar, pronto a seppellirne il cadavere e a mettere in scena la sua diabolica tragedia: una rappresentazione del male che durerà dodici anni e si concluderà come da copione, con un colpo di pistola nel bunker della morte”. (da Il Sole 24 Ore)

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