Il governo austriaco del Lombardo-Veneto

Il governo austriaco del Lombardo-Veneto.

Chiaramente la politica attuata da quel governo e le aspirazioni delle popolazioni italiane stanziate in quelle regioni erano in palese contrasto. Rimane il fatto che i proventi attinti dall’Italia settentrionale erano fondamentali per la salute dell’economia austriaca, e i redditi forniti dalle fertili province della Lombardia e del Veneto furono più volte un mezzo essenziale per attenuare le carenze croniche del tesoro di Vienna. Nella globale economia dell’Impero la Pianura padana era considerata prevalentemente come area di produzione agraria, sicché le manifatture lombardo-venete venivano talvolta sacrificate per garantire i nuclei industriali transalpini. Proprio per questo le merci provenienti dalla Boemia e dalla bassa Austria erano introdotte nel Veneto senza essere soggette a tasse di importazione e quindi potevano vincere con estrema facilità la concorrenza della produzione locale, mentre i prodotti di esportazione erano gravati da dazi proibitivi.

Alleata del governo austriaco nel controllo dei sudditi italiani era la Chiesa, la cui influenza esercitava prevalentemente nelle scuole statali, entro le quali l’insegnamento era affidato per lo più al clero delle parrocchie e ai Gesuiti. Bisogna comunque dire che il governo imperiale destinava ingenti somme in favore di opere pubbliche quali costruzione di strade e fondazione di scuole statali, specialmente dopo gli anni terribili della crisi (1814-1818); dei vantaggi venivano inoltre dalla gestione amministrativa messa in atto dagli integerrimi funzionari austriaci.

Non esiste alcuno studio sistematico sugli indirizzi economici e politici applicati dagli Austriaci nell’Italia settentrionale, e il periodo 1815-1848 è in gran parte una terra incognita. Il Lombardo-Veneto era comunque la parte più redditizia dell’Impero austriaco. In media gli Austriaci ricavavano dall’Italia settentrionale da un quarto a un terzo delle entrate totali dell’Impero. Il reddito lordo pro capite della popolazione era molto maggiore nel Lombardo-Veneto che in qualsiasi altro possedimento austriaco, tranne che nella bassa Austria. La situazione fu però complicata dagli anni terribili (1814-1818), quando si verificarono una serie di cattivi raccolti e i contadini dei paesi di montagna del Veneto erano ai limiti della sopravvivenza. Allora gli Austriaci attenuarono la pressione fiscale e spesero somme considerevoli in aiuti ai poveri e in un vasto programma di lavori pubblici. Ma quando la crisi fu superata, il governo imperiale attinse dall’Italia un surplus sempre crescente. Nel 1845 le entrate che il governo austriaco ricavò dal Veneto superavano le somme investite di oltre 45 milioni di lire austriache. Tali proventi, come detto, erano vitali per l’economia imperiale. La “Hofkammer” (il Ministero delle Finanze) era oppressa da un deficit annuale cronico. Il bisogno che gli Austriaci avevano del denaro italiano fece scattare tutta una serie di misure fiscali, le quali crearono l’impressione sfavorevole, seppur giustificata, che le province italiane fossero la “mucca da latte” dell’Impero.

Precedente La condizione dei contadini italiani nel primo Ottocento Successivo La politica economica del regno della Due Sicilie