Il fallimento dei moti mazziniani

Perché il progetto di Mazzini fallì? Quali furono le cause che portarono alla sconfitta dei moti mazziniani?

La strategia operativa insurrezionale predisposta da Giuseppe Mazzini, quando giunse il momento di passare dalla teoria alla pratica, mostrò tutti i suoi limiti. Nella utopistica convinzione che il popolo italiano disponesse delle capacità necessarie per dar vita a un’iniziativa indipendente dal sostegno esterno, Mazzini non tenne alcun conto della congiuntura internazionale, che era sfavorevole a ogni prospettiva rivoluzionaria. L’attività propagandistica condotta dalla Giovine Italia non riuscì inoltre a fare breccia tra le masse popolari, che rimasero colpevolmente e sostanzialmente indifferenti di fronte a un programma politico nel quale la concreta risoluzione delle problematiche legate alle classi lavoratrici veniva affrontata vagamente e genericamente.

Obiettivo prescelto per lo scoppio dei moti mazziniani era il Regno di Savoia, dove la Giovine Italia era riuscita a penetrare ideologicamente nelle file dell’esercito. Sebbene le autorità piemontesi fossero riuscite nell’aprile del 1833 a scoprire la cospirazione in atto, ad arrestare numerosi esponenti della Giovine Italia e a smantellare la struttura dell’organizzazione per larga parte, Mazzini tentò ugualmente di dare seguito al progetto insurrezionale. Il nuovo piano prevedeva per l’aprile del 1834 lo scoppio di una ribellione a Genova tra i marinai della flotta regia e la penetrazione in Piemonte di corpi di volontari provenienti dalla Svizzera e dalla Francia. Le misure di sorveglianza delle autorità svizzere e l’intervento dell’esercito piemontese condannarono però l’iniziativa al fallimento. Altri tentativi insurrezionali nel Lombardo-Veneto e in Toscana furono soffocati sul nascere. Mazzini venne condannato a morte in contumacia e con lui Giuseppe Garibaldi, marinaio nizzardo che, coinvolto nel tentativo di sollevazione a Genova, decise di riparare in America Latina.

Espulso dalla Francia, Mazzini riparò prima in Svizzera e poi in Gran Bretagna. Quello fu un periodo molto delicato per il patriota italiano, scosso da una profonda crisi politica e di coscienza per le accuse di irresponsabilità mosse contro di lui da diversi esponenti liberali e democratici (tra i quali lo stesso Filippo Buonarroti). Nel 1839, superata quella che lui stesso definì la “tempesta del dubbio”, Mazzini riorganizzò le file della Giovine Italia in vista di nuove iniziative insurrezionali. Anche questa volta, tuttavia, i moti mazziniani fallirono miseramente. Quelli scoppiati in Romagna nel 1843 e 1845 vennero rapidamente repressi dalle forze pontificie; il tentativo coraggioso compiuto dai fratelli Bandiera, sbarcati con un gruppo di volontari sulle coste della Calabria, non raccolse lo sperato sostegno della popolazione e si concluse con l’arresto dei congiurati e la fucilazione dei loro capi. La strategia insurrezionale, dunque, uscì fortemente indebolita da questa serie di fallimenti.

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