Solitamente vi sono altri due pensatori che, sebbene per alcuni aspetti possano collocarsi tra i classici, in un certo senso non appartengono alla scuola classica. Ad esempio, la teoria della popolazione di Thomas Malthus ben si armonizza con la teoria classica, tuttavia l’economista si allontanò decisamente dall’ortodossia nell’analisi di alcuni aspetti macroeconomici e nella sua difesa del ruolo e del significato della classe dei proprietari terrieri. Questo porta molto spesso ad includere la sua teoria della popolazione all’interno della discussione dell’economia classica, ma ad esaminare separatamente il noto dibattito tra Malthus e Ricardo sulla capacità dell’economia di giungere in modo automatico al pieno impiego delle risorse (ricordo, tra l’altro, un articolo specifico da me scritto rispetto a tale questione, consultabile copiando il seguente indirizzo: http://ipercorsidellastoria.altervista.org/dibattito-tra-malthus-e-ricardo/).
Possiamo con certezza dire che all’interno degli scritti degli ultimi mercantilisti e, in particolare, in quelli dei fisiocratici si era fatta strada, in modo sempre più evidente, l’idea di una forte interdipendenza tra i vari elementi di un sistema economico. Prima del 1776, comunque, non vi fu alcun autore capace di operare una sintesi organica di tutti i risultati conseguiti dal mercantilismo e dalla fisiocrazia. Il pensiero economico si trovava in queste condizioni quando un certo Adam Smith, filosofo scozzese, prese ad interessarsi di economia politica.