Economia: il periodo classico (1776-1890)

L’economia politica classica, che interessa un periodo lungo oltre cento anni nella storia del pensiero economico, fu, come vedremo, un fenomeno quasi esclusivamente britannico, tanto nelle sue varie tendenze quanto nei suoi principali esponenti. Le tre opere principali solitamente associate a questa scuola sono: le “Ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni” (1776) di Adam Smith, i “Principi di economia politica e dell’imposta” (1817) di David Ricardo, e i “Principi di economia politica” (1848) di John Stuart Mill. Nel loro complesso Smith, Ricardo e J. S. Mill, universalmente considerato come l’ultimo esponente del periodo classico, dominarono il pensiero economico dal 1776 fino alla fine del diciannovesimo secolo; in particolare Smith dal 1776 fin verso il 1820, Ricardo a partire dal 1820 fino agli anni cinquanta, e Mill dagli anni cinquanta fino agli anni novanta.

Solitamente vi sono altri due pensatori che, sebbene per alcuni aspetti possano collocarsi tra i classici, in un certo senso non appartengono alla scuola classica. Ad esempio, la teoria della popolazione di Thomas Malthus ben si armonizza con la teoria classica, tuttavia l’economista si allontanò decisamente dall’ortodossia nell’analisi di alcuni aspetti macroeconomici e nella sua difesa del ruolo e del significato della classe dei proprietari terrieri. Questo porta molto spesso ad includere la sua teoria della popolazione all’interno della discussione dell’economia classica, ma ad esaminare separatamente il noto dibattito tra Malthus e Ricardo sulla capacità dell’economia di giungere in modo automatico al pieno impiego delle risorse (ricordo, tra l’altro, un articolo specifico da me scritto rispetto a tale questione, consultabile copiando il seguente indirizzo: http://ipercorsidellastoria.altervista.org/dibattito-tra-malthus-e-ricardo/).
Allo stesso modo si può dire che Karl Marx (1818-1833) derivò alcuni elementi di analisi dalla teoria classica, ma vi aggiunse una prospettiva differente e diversi nuovi concetti, per arrivare poi progressivamente a conclusioni di teoria e di politica economica diametralmente opposte a quelle da cui era partito.

Possiamo con certezza dire che all’interno degli scritti degli ultimi mercantilisti e, in particolare, in quelli dei fisiocratici si era fatta strada, in modo sempre più evidente, l’idea di una forte interdipendenza tra i vari elementi di un sistema economico. Prima del 1776, comunque, non vi fu alcun autore capace di operare una sintesi organica di tutti i risultati conseguiti dal mercantilismo e dalla fisiocrazia. Il pensiero economico si trovava in queste condizioni quando un certo Adam Smith, filosofo scozzese, prese ad interessarsi di economia politica.

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