Dal mezzadro al proletario

Il processo che porta la borghesia ad appropriarsi delle terre iniziò in realtà proprio nell’ambito della rivoluzione agraria: al trasferimento della proprietà si accompagnò infatti una sua concentrazione, vale a dire che le tenute agricole diminuirono di numero e aumentarono in dimensioni. I nuovi proprietari borghesi ottennero questo risultato sia scacciando con i vari mezzi, come il mancato rinnovo dei contratti e l’aumento vertiginoso dei canoni, gli affittuari e accorpando i loro appezzamenti, sia impadronendosi di terreni incolti di proprietà della comunità locale, destinati ai cosiddetti usi civici.

Per comprendere nella sua reale dimensione il problema, occorre ripensare brevemente le caratteristiche dell’economia rurale d’epoca feudale: accanto alle terre del signore, divise fra quelle a conduzione diretta e quelle date in affittanza, c’era una porzione di terreno di proprietà del villaggio di cui tutti, e soprattutto i poveri, potevano disporre; le terre peggiori, è vero, ma sufficienti per pascolare una pecora o una capra, o raccogliere nei boschi legna per il fuoco e legname da costruzione; in più, era consuetudine che i poveri potessero pascolare il bestiame nei campi dopo la mietitura, e raccogliere il poco grano perduto dai mietitori.

Questo complesso di diritti (detti appunto usi civici), che non era d’ostacolo alle primitive tecniche agricole dell’epoca feudale, entrò in contrasto con lo sfruttamento razionale del terreno, che richiedeva invece una terra uniforme, non spezzettata in piccoli appezzamenti divisi da fossi e siepi, con confini netti, in cui ogni metro quadro fosse sfruttato al massimo e il ciclo dei lavori potesse essere stabilito dal proprietario senza dovere tener conto di esigenze altrui. La recinzione delle terre comuni venne inizialmente ostacolata dalla stessa nobiltà rurale, ma dalla metà del Settecento divenne inarrestabile: si passò dal 10% delle terre recintate del periodo Tudor, al 25-50%.

Quale fu il destino dei piccoli affittuari, dei proprietari espropriati, delle famiglie povere vissute fino ad allora grazie agli usi civici?
Una parte di essi venne assorbita dalle aziende agricole e in progresso di tempo dalle fabbriche che proprio in campagna cominciarono a sorgere. Ma prima che ciò avvenisse, o se non avveniva per nulla, essi dovevano pagare un alto prezzo di sofferenze: privati della casa e del reddito, impossibilitati da regolamenti corporativi sempre più rigidi a trasformarsi in artigiani, quando il bisogno li spingeva al vagabondaggio o alla mendicità venivano colpiti, in epoca Tudor, da leggi severe. Per chi diventava per disperazione brigante di strada, c’erano la marchiatura a fuoco, la fustigazione, l’impiccagione e lo squartamento in piazza. In seguito l’entità delle pene venne mitigata, ma la prospettiva del carcere e della forca continuò a incombere sui poveri d’Inghilterra. Insomma, al tradizionale rapporto patriarcale, duro ma comunque basato su un legame personale, fra signore e affittuario o bracciante subentrò un distacco sempre più profondo. L’economia inumana dell’agricoltura commerciale e progredita soffocò i valori umani di un ordine sociale; la stessa ricchezza dei sempre più prosperi proprietari li rese ancor più remoti, anche nello spirito, dai lavoratori ridotti all’indigenza.

Dal punto di vista degli investimenti industriali, tuttavia, ciò significava la formazione di quello che Marx definisce esercito salariale di riserva: una massa di disoccupati che, in base alla legge della domanda e dell’offerta, vende il proprio lavoro a un prezzo tanto più basso quanto più e numerosa; e ciò rappresentò indubbiamente un fattore decisivo per richiamare investimenti nel settore industriale e favorirne così, assieme allo sviluppo tecnologico, il decollo. Al fenomeno dell’impoverimento della popolazione, che assunse alla fine del Settecento dimensioni devastanti, la classe dirigente rurale cercò in effetti di porre un argine nel 1795 attraverso il cosiddetto “sistema Speenhamland” (dal nome della località dove fu ideato e applicato per la prima volta): si trattava di stabilire, in base al prezzo del granoturco, quale fosse il salario minimo di sussistenza di un bracciante; se il salario reale era più basso, esso veniva integrato da un sussidio pubblico. Tale sistema si rivelò assolutamente inefficace a frenare la pauperizzazione delle masse rurali, e che solo lo sviluppo del sistema di fabbrica, aumentando il tasso di occupazione, avrebbe ridotto il numero dei poveri; ma il reddito, le condizioni di lavoro e il tenore di vita dell’operaio industriale sarebbero rimasti per decenni a livelli notevolmente peggiori di quelli del vecchio affittuario o bracciante preindustriale.

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