Il crollo della monarchia

Cosa provocò la caduta della monarchia? Vediamolo in questo articolo…

La vittoria dei borghesi era minacciata da due lati: da una parte dalle forze democratiche, dall’altra, ancor più pericolosamente se vogliamo, dalle forze controrivoluzionarie, che vantavano alleati sia interni che esterni alla Francia. I governi europei, infatti, cominciavano a temere largamente il contagio rivoluzionario e si preparavano ad un intervento per restaurare in Francia il potere assoluto del re. Fu allora che l’ipotesi di attuare una guerra preventiva cominciò a farsi strada nell’animo dei Francesi; specie quando giunse notizia che l’imperatore d’Austria e il re di Prussia in una dichiarazione congiunta (Dichiarazione di Pillnitz, del 27 agosto 1791) si erano dichiarati pronti a intervenire militarmente se la Rivoluzione avesse attentato ai loro troni: una dichiarazione in verità assai generica, che apparve tuttavia ai Francesi minacciosa ed insultante e li spinse a schierarsi per la guerra.

Il primo ottobre 1791 si era tenuta la sessione inaugurale dell’Assemblea legislativa, l’organismo rappresentativo sorto dalle prime elezioni politiche della storia francese. Il forte e radicato gruppo dei deputati Girondini (chiamati così perché provenienti dal dipartimento della Gironda) prese posizione a favore della guerra: rappresentavano questi gli interessi della borghesia delle province e sollecitavano l’intervento sia per motivi ideologici (una guerra contro i sovrani per la liberazione dei popoli), sia perché vedevano in essa un mezzo per consolidare gli ordinamenti usciti dalla Rivoluzione e mettere definitivamente alla prova la lealtà del re. Per opposti motivi caldeggiavano la guerra anche gli aristocratici e lo stesso Luigi XVI, sperandone la sconfitta della Francia e la restaurazione dell’Ancien Régime. Solo il gruppo che faceva capo a Robespierre la avversava con forza, denunziandola come una pericolosa avventura che esponeva il paese al pericolo di una dittatura militare e perché voleva concentrare le forze contro il solo nemico interno. Votata dall’Assemblea legislativa quasi all’unanimità, la guerra fu dichiarata il 20 aprile 1792. A fianco dell’Austria si schierò la Prussia.

Le prime sconfitte subite dall’esercito diffusero forti malumori fra le truppe e in seno alla popolazione, dove l’odio contro la monarchia non faceva che crescere, in quanto accusata di connivenza con il nemico. Diffidando degli ufficiali (tutti aristocratici), le truppe si sbandarono al primo apparire delle avanguardie austriache, quando non rivolsero addirittura le armi contro i loro stessi comandanti. Come detto, le notizie dal fronte provocarono in Francia indignazione e sgomento. La disfatta apparve come la prova del complotto aristocratico. Insorse in questo preciso istante il patriottismo dei Francesi e si saldò con lo spirito rivoluzionario. A Parigi la pressione popolare strappò all’Assemblea legislativa una serie di provvedimenti eccezionali, quali la deportazione in massa dei preti refrattari e il concentramento intorno alla città di ventimila guardie nazionali dai dipartimenti: una forza rivoluzionaria capace di proteggere Parigi dai nemici esterni e di tenere in rispetto i nemici interni.

Il veto opposto da Luigi XVI a questi provvedimenti esasperò il risentimento popolare contro la monarchia e rinfocolò i sospetti di trame controrivoluzionarie e di connivenza del re col nemico. L’11 luglio 1792 l’Assemblea legislativa proclamò essa stessa la patria in pericolo. In questo clima rovente giunse la notizia che il comandante in capo degli eserciti coalizzati, il prussiano duca di Brunswick, aveva chiesto la resa incondizionata, minacciando la distruzione e il saccheggio di Parigi se si fosse recato al re e alla famiglia reale il più piccolo oltraggio. Questa fu la conferma del tradimento di Luigi XVI, almeno agli occhi del popolo. Si videro allora le sezioni parigine (comitati popolari di quartiere) insorgere, impadronirsi del municipio e insediarvi una Comune insurrezionale. Il 10 agosto una folla appoggiata dai federati convenuti a Parigi dai dipartimenti, sopraffece le guardie svizzere, mosse all’assalto delle Tuileries e traboccò fin dentro agli appartamenti reali. Luigi XVI cercò rifugio presso l’Assemblea legislativa, che lo dichiarò sospeso dalle sue funzioni e lasciò che fosse relegato con la famiglia nella prigione del Tempio.

Cadeva così, dopo mille anni, la gloriosa monarchia capetingia e naufragava con essa l’esperimento monarchico-costituzionale. Dal 10 agosto ha inizio dunque la seconda fase rivoluzionaria, che segnò la momentanea vittoria della democrazia sul liberalismo borghese.

L’Assemblea legislativa indisse le elezioni per una nuova Assemblea costituente a suffragio universale, che avrebbe dovuto dare alla Francia un ordinamento repubblicano e che prese il nome di Convenzione nazionale. Col suffragio universale entravano nella scena politica anche i cittadini passivi e cadevano le barriere sociali e politiche che tenevano divisa la nazione.

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