I critici della Rivoluzione: Joseph de Maistre

Diverse furono, tra gli intellettuali del XIX secolo, le anime discordi della Restaurazione, aspramente critiche nei confronti del movimento rivoluzionario antecedente; tra queste annoveriamo senza ombra di dubbio la figura di Joseph de Maistre (1753-1821), filosofo, politico, diplomatico, scrittore, magistrato e giurista italiano di lingua francese.

“Ambasciatore del re Vittorio Emanuele I presso la corte dello zar Alessandro I dal 1803 al 1817, poi da tale data fino alla morte ministro reggente la Gran Cancelleria del Regno di Sardegna, de Maistre fu tra i portavoce più eminenti del movimento controrivoluzionario che fece seguito alla Rivoluzione francese e ai rivolgimenti politici in atto dopo il 1789; propugnatore dell’immediato ripristino della monarchia ereditaria in Francia, in quanto istituzione ispirata per via divina, e assertore della suprema autorità papale sia nelle questioni religiose che in quelle politiche, de Maistre fu anche tra i teorici più intransigenti della Restaurazione, sebbene non mancò di criticare il Congresso di Vienna, a suo dire autore da un lato di un impossibile tentativo di ripristino integrale dell’Ancien Régime (peraltro ritenuto di sola facciata) e dall’altro di compromessi politici con le forze rivoluzionarie”. (fonte: Wiki)

Alcuni considerano addirittura il savoiardo de Maistre come il più vigoroso teorico della Restaurazione, capace di portare alle estreme conseguenze il recupero della dimensione religiosa del Romanticismo europeo, fino alla costruzione di una vera e propria utopia reazionaria. Aderendo al tradizionalismo di Edmund Burke, egli identificò la storia della civiltà con la storia della religione e individuò la presenza di una forza provvidenziale non solo nelle monarchie, ma anche nel carnefice che realizza nel mondo la giustizia voluta da Dio. Nella sua opera intitolata “Du Pape” (Del Papa), del 1819, de Maistre rinnovava la concezione medievale della Chiesa come fondamento dell’ordine sociale, per cui ne rivendicava come logica conseguenza la superiorità sul potere civile. Nel testo vi è una forte confutazione delle asserzioni proprie degli Illuministi e delle loro presunte stranezze di pensiero, come quella della ipotetica libertà naturale dell’uomo. L’uomo, secondo de Maistre, è troppo malvagio per poter essere libero. Egli non è nato libero, ma naturalmente servo: solo il Cristianesimo lo ha liberato e solo il papa ha proclamato e reso operante la libertà universale introdotta dalla religione cristiana. Senza il papa, dunque, non può esistere né vero Cristianesimo, né vera libertà.

L’autore confuta anche il preteso diritto della maggioranza di prevalere sulla minoranza, sostenuto invece con vigore dai teorici della Rivoluzione.

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