Il Cartismo e la svolta libero-scambista dell’Inghilterra

Nel 1837 l’Inghilterra fu scossa da un movimento politico chiamato Cartismo. Richiedeva sostanzialmente suffragio universale maschile, voto segreto, riorganizzazione dei collegi elettorali, stipendi ai parlamentari per rendere la rappresentanza accessibile ai non abbienti.

Il Cartismo fu dunque un movimento politico-sociale promosso prevalentemente da uomini della working-class, il cui nome derivava dalla People’s Charter (“Carta del Popolo”) presentata nel 1838 alla Camera dei Comuni con una petizione firmata da oltre un milione di persone. Il movimento era organizzato da Feargus O’Connor (Connorville, 18 luglio 1794 – Londra, 30 agosto 1855), avvocato di origini irlandesi. Il documento, articolato in sei punti, rivendicava: il voto garantito a ogni maschio di ventuno anni, sano di mente e mai condannato; il voto segreto per proteggere l’elettore nell’esercizio del suo diritto di voto; nessun obbligo di proprietà nella qualificazione per concorrere ad essere membro del Parlamento; l’indennità parlamentare, per consentire a tutti i lavoratori di servire lo Stato senza essere penalizzati economicamente; la revisione delle circoscrizioni elettorali, che assicurasse la stessa quantità di rappresentanti a un pari numero di elettori; il Parlamento Annuale, che costituiva il metodo più efficace contro il ricatto e le intimidazioni.

Il Cartismo venne represso con la forza, ma fu proprio la sua ombra minacciosa che indusse il governo conservatore guidato da Robert Peel (Bury, 5 febbraio 1788 – Westminster, 2 luglio 1850), costituitosi nel 1841, ad attuare una serie di riforme che impressero al Paese nuovo slancio. Segno, questo, che la classe politica inglese (liberale o conservatrice che fosse) sapeva ben recepire le spinte democratiche, pur contenendole nell’alveo delle istituzioni. Ridotte le imposte indirette, che gravavano notoriamente sui meno abbienti, e introdotto il più equo sistema delle imposte dirette, il governo inglese si batté nel 1846 contro la vigente legislazione protettiva sul commercio dei grani (Corn Laws), che imponeva forti dazi sull’importazione di granaglie straniere, a vantaggio dell’aristocrazia agraria. Un capo di governo conservatore riuscì così a far abolire dal Parlamento, nonostante le forti resistenze, una legge contraria all’interesse nazionale, anche se ciò costò la dimissioni dell’intero gabinetto e la rottura del partito conservatore in due rami avversi: protezionisti e liberisti.

L’abolizione della legislazione sul commercio dei grani era richiesta dalla grande borghesia industriale fautrice del libero scambio, ma ne trassero immediato giovamento anche i ceti operai, che videro ridursi sensibilmente il costo della vita per il sopraggiungere del grano da ogni parte del mondo. La svolta libero-scambista, apice del processo di industrializzazione, consentì all’Inghilterra di imporsi ovunque sui mercati internazionali, battendo la concorrenza con prodotti di qualità migliore a prezzo più basso.

Iniziava così uno dei periodi più floridi di tutta la storia inglese, simboleggiato dal lungo regno della regina Vittoria, che rimase sul trono dal 1837 al 1901. Al progresso civile si aggiunse dunque la notevole espansione economica e politica su scala mondiale.

Precedente Gli anni Trenta e Quaranta in Gran Bretagna Successivo La nascita del Cattolicesimo liberale