Alfabetizzazione e progresso tecnico

Pierre Chaunu, storico francese e professore all’Università di Caen, nel suo libro “La civiltà dell’Europa dei Lumi” (libro sulla civiltà del Settecento, un momento forte della storia europea, caratterizzato dal superamento di frontiere non solo geografiche ed economiche, ma scientifiche, tecnologiche, demografiche, e culturali in senso lato) affronta un tema assai importante, ovvero l’indice di alfabetizzazione e di progresso tecnico presentato dall’Europa dei Lumi.

Il progresso non si manifesta soltanto – osserva P.Chaunu – nei grandi momenti di rottura e di innovazione, ma anche in un insieme di micro-migliorie difficilmente percepibili, mutamenti che, comunque, portano con sé la possibilità di altre piccole trasformazioni, che esercitano un effetto di trascinamento e preparano le condizioni necessarie per il decollo. Anche sotto questo riguardo il Secolo XVIII totalizza una somma impressionante di piccole novità nell’orologeria, ad esempio, come anche nella fabbricazione degli strumenti scientifici e di quelli musicali, nella costruzione di utensili e di attrezzi per il lavoro. Prima che le macchine trasformassero il sistema di produzione, gli utensili raggiunsero un livello di evoluzione molto elevato: proprio per questo il XVIII può definirsi il secolo dell’utensile perfetto, pronto ormai al grande duello con la macchina. Non si trattava, però, d’una evoluzione soltanto tecnica: il perfezionamento degli strumenti non può essere disgiunto dal progresso della cultura e dall’alfabetizzazione: l’acquisizione massiccia della capacità di scrivere e di leggere da parte di una frazione, in certi luoghi maggioritaria, di lavoratori manuali contribuisce al rapido perfezionamento dei processi artigianali di fabbricazione, dei gesti e delle tecniche manuali che imprimono il pensiero nelle cose.

Nell’Europa dei Lumi l’applicazione alla storia, in atto da venti o trent’anni in modo sempre più sistematico, dei metodi e delle tecniche statistiche, ha consentito di realizzare importanti progressi. Niente di decisamente importante e assolutamente fondamentale, dal punto di vista dei temi affrontati, avviene tra la metà del XII secolo e la metà del XVIII secolo. Tra il decollo vero e proprio, che sfocia nella crescita sostenuta delle società industriali, e la rigidità delle strutture tra il XIII e il XVII secolo, il XVIII secolo totalizza una somma impressionante di piccoli cambiamenti. Gli economisti parlano delle condizioni preliminari al decollo. Tra i lunghi secoli di immobilità e di blocco delle strutture materiali e l’età della crescita vertiginosa, in cui le attrezzature diventano obsolete ancor prima di aver fornito una frazione delle loro possibilità, in cui la mutazione fa parte della struttura, il XVIII secolo sarà stato, in una certa misura, il secolo del movimento, del movimento avvertito, vissuto, cosciente. Il secolo del movimento e dunque del progresso.

Ciò che più conta, forse, nella vita del XVIII secolo, non sono le macchine, che ancora in parte rappresentano il futuro, bensì l’utensileria. L’utensile giunge allora al termine di una lunga evoluzione, perché il materiale utilizzato è migliore, la mano che lo foggia e lo utilizza è più abile, in una sola parola l’apprendistato ha avuto una maggior presa su una generazione di artigiani ormai in grado di leggere. Il XVIII secolo è il secolo dei grandi trattati, dei libri, poi delle scuole dove si insegna l’arte dell’ingegnere. Vi sono artigiani che leggono, che pensano più arditamente con le loro mani, artigiani che entrano in comunicazione con i tecnici del pensiero. A livello dell’artigianato urbano il XVIII secolo preannuncia un incontro, mai pienamente realizzato, tra la cultura e la civiltà, a vantaggio di quest’ultima, certo, ma ancor più a vantaggio della cultura tradizionale. Beneficio che passa attraverso gli uomini. L’acquisizione in tenera età dei meccanismi psicomotori della lettura e della scrittura, l’acquisizione attraverso lo scritto di strutture intellettuali complesse, lungi dall’ostacolare la trasmissione tradizionale, per via diretta, delle conoscenze e delle tecniche di lavoro, ne facilita l’acquisizione. L’artigiano che legge, all’intersezione tra la cultura tradizionale e la civiltà dello scritto, impara prima e assimila meglio un mestiere che ormai sarà in grado di modellare più facilmente. L’acquisizione massiccia della capacità di scrivere e, in certa misura, di leggere, contribuisce al rapido perfezionamento dei processi artigianali di fabbricazione, dei gesti e delle tecniche manuali che imprimono il pensiero nelle cose.

Il XVIII secolo perfeziona l’utensileria tradizionale. Ciò avviene in modo particolare in alcuni settori specializzati, come l’orologeria, la fabbricazione di strumenti scientifici, oppure di organi, clavicembali, di violini. Nella tardiva vittoria del telescopio vi è l’arte di fondere un materiale adeguato e di levigarlo a specchio, nel progresso del microscopio è essenziale la qualità delle lenti. Allo stesso modo si raffinano i vetri, i cristalli da tavola, gli specchi. Il XVIII si colloca al punto d’arrivo dell’evoluzione di un’utensileria tradizionale, spesso maneggiata da uomini alfabetizzati, che se ne servono meglio e la fa rendere al massimo delle sue potenzialità inaspettate.

Insomma, il quadro della vita materiale si arricchisce, si diversifica, migliora. L’artigianato ha realizzato, nel XVIII secolo, un apprezzabile aumento della produttività, con una conseguente e migliore trasmissione della conoscenza realizzata con l’incremento demografico e la diffusione dell’istruzione. Il doppio degli uomini, un po’ meglio educati, vivono un po’ più a lungo alla fine del secolo. Alla fine del XVIII secolo l’Europa conta un numero da cinque a sei volte maggiore di persone in grado di leggere rispetto al XVII secolo: dieci volte di più sono coloro che hanno superato la soglia della lettura efficace, e che leggono di più e in modo diversificato. Tutto considerato, si può affermare che la capacità di assorbimento per mezzo della lettura sia decuplicata nello spazio di due o tre generazioni.

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