Il Comitato di sicurezza generale

Vediamo adesso le decisioni adottate dal neonato Comitato di sicurezza generale.

Come appena confermato, diversi furono i provvedimenti di stampo economico che vennero inoltrati in questo tanto intricato contesto; uno di quelli adottati dalla Montagna destinato a incidere più profondamente sul tessuto sociale della Francia fu quello destinato a dividere in piccoli lotti le terre confiscate agli aristocratici emigrati, favorendone l’acquisto da parte dei contadini, ai quali si concessero dieci anni di tempo per estinguere il debito. Era questo inteso come mezzo efficace per stabilire il contatto con le masse contadine e legarle così alla Rivoluzione saldamente.

Chiave di volta del potere fu il Comitato di salute pubblica, questa magistratura elettiva, ristretta, collegiale. Coordinava l’attività rivoluzionaria, riassumeva in sé la suprema autorità dell’esecutivo e del legislativo; enunciava le sue deliberazioni per mezzo di decreti.

L’altro grande protagonista del governo rivoluzionario fu il Comitato di sicurezza generale, il quale diresse, e in un certo senso regolamentò, la cosiddetta ‘Politica del Terrore’, intesa come una serie di spietate misure di repressione che colpirono tanto i nemici della Repubblica, quanto chiunque fosse semplicemente sospettato di attività sovversiva. Nell’ottobre 1793 fu ghigliottinata la regina Maria Antonietta; subito dopo vennero giustiziati ventuno deputati girondini, e poi fu la volta di insigni rivoluzionari della prima ora. A Nantes ci furono migliaia di esecuzioni sommarie. I deputati della Palude, che costituivano la maggioranza della Convenzione, stretti tra il pericolo di una restaurazione monarchica e quello di una rivoluzione sociale, tacevano e avallavano le misure prese dal Comitato di salute pubblica. Ma i ceti moderati che essi rappresentavano non aspettavano che la buona occasione per prendersi la rivincita.

La Convenzione , in questa fase dominata dal Comitato di sicurezza generale, elaborò una nuova Costituzione che comunque non venne mai applicata, la ‘Costituzione dell’anno I’. Questa rivendicava al popolo il suffragio universale, il diritto all’insurrezione, al lavoro ed all’assistenza; dichiarava spontaneamente che scopo del governo era il benessere dei cittadini. I decreti emessi dalla Convenzione, comunque, cancellarono, senza alcun indennizzo, i diritti feudali superstiti e abolirono la schiavitù nelle colonie. Questi provvedimenti, specie nei continenti extraeuropei, incoraggiarono i movimenti di lotta e di ribellione contro il colonialismo; in Francia costituirono quella cittadella inespugnabile di liberi cittadini, di piccoli e medi proprietari contadini, di artigiani e operai economicamente arretrati, ma appassionatamente devoti alla Repubblica ed alla Rivoluzione che, da allora, ha continuato a dominare la vita del paese.

Discutibili fu, invece, la politica di scristianizzazione voluta propria dalla Montagna: secondo alcuni fu la pietra in cui inciampò la Rivoluzione. In odio alla Chiesa cattolica, schieratasi apertamente col movimento controrivoluzionario, si sbarrarono le chiese, si soppressero le feste del culto cattolico, si abolì il calendario gregoriano. All’era cristiana, insomma, successe l’era repubblicana. Si mutarono i nomi dei mesi. Si pensava, intervenendo in questo modo sul quotidiano vissuto, di socializzare i nuovi valori laici e repubblicani, di radicarli nell’animo popolare, nella sensibilità collettiva.

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