I provvedimenti economici del Comitato

Proseguendo imperterriti nell’analisi di questa fase fondamentale della vita politica e sociale della Francia, parleremo ora delle misure economiche che inizialmente vennero intraprese dal Comitato di salute pubblica.

Robespierre e il Comitato di salute pubblica adottarono energici provvedimenti a favore delle classi povere, considerate l’elemento centrale per arrivare ad ottenere i suoi propositi: contro la carestia fu imposto il tesseramento, contro l’inflazione il blocco dei prezzi (anche se ad esso corrispose il blocco dei salari), contro l’imboscamento delle derrate le requisizioni forzate. I ricchi furono assoggettati a imposte straordinarie; per gli speculatori e gli accaparratori fu minacciata la ghigliottina. Tutta la vita economica della nazione passò sotto il controllo del Comitato di salute pubblica e dei suoi agenti.
Nonostante i provvedimenti di emergenza che colpivano i ceti produttivi e commercianti e limitavano il diritto dei cittadini a disporre dei propri beni, nessuno dei convenzionali pensò in alcun modo di sopprimere la proprietà privata; anzi, i provvedimenti contro di essa furono considerati del tutto eccezionali, e comunque sempre transitori. Seguaci di ideali economici liberali, gli uomini del Comitato di salute pubblica non assoggettarono di buon grado la vita economica della Nazione ad una pianificazione centrale. Vi si rassegnarono soltanto perché non potevano fare a meno del calmiere delle requisizioni per sostenere la guerra nazionale: concepirono questi mezzi come espedienti, validi solamente fino alla tanto agognata vittoria. La rivoluzione che essi dirigevano, insomma, rimaneva una rivoluzione borghese, per democratica che fosse.

Neanche Robespierre intendeva in alcun modo sopprimere la proprietà privata, bensì voleva regolarla per mezzo delle leggi, trasformando i braccianti agricoli in piccoli proprietari terrieri, i garzoni in padroni di botteghe artigiane: “L’eguaglianza dei beni è una chimera […] ma la sproporzione tra le fortune è la fonte di molti delitti. […] Il primo diritto è quello di esistere: la prima legge sociale è, quindi, quella che garantisce a tutti i cittadini i mezzi dell’esistenza. […] La proprietà non è un diritto naturale, ma un diritto definito dalla legge: la proprietà è il diritto di ciascun cittadino di godere e disporre della porzione dei beni che gli è garantita dalla legge”(dai Discorsi politici di M. Robespierre). Non si concepiva ancora che lo Stato potesse avocare a sé le proprietà dei singoli assumendo nelle proprie mani la gestione dei mezzi di produzione, come più tardi richiederanno i socialisti.

Gli stessi Sanculotti, esprimendo gli interessi che gravitano intorno alla bottega, al podere, all’officina, rappresentano un’aspirazione alla proprietà fondata sul lavoro personale, e in conseguenza di ciò avanzano un programma di lotta contro tutte le forze che soffocano l’uomo e il lavoro; per questo li troviamo a fianco della borghesia nella lotta antifeudale. Ma si oppongono contemporaneamente alla grande borghesia che aspira alla concentrazione dei capitali e dei mezzi di produzione, perché intuiscono che non c’è posto per loro nell’universo monopolistico. L’alleanza che si stabilì sotto l’insegna del Comitato di salute pubblica tra borghesia e Sanculotti era dunque fatalmente destinata ad essere in tempo breve rescissa.

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